giovedì 24 marzo 2011

Colloqui eucaristici - parte 9 -


L'OLOCAUSTO


A - "O Signore Gesù, realmente presente nel SS. Sacramento dell'Eucaristia, mi prostro innanzi a Te per adorare la tua Divina Maestà, per amare con tutto il cuore Te che ti doni a me senza guardare alla mia miseria, per ringraziarti della tua infinita misericordia con la quale mi chiami a Te, affinché presti ascolto alla tua voce nella quale c'è tutta l'effusione della tua essenza: Sommo Bene, Somma Misericordia, Sommo Amore.


Se io riuscissi a capire sempre e a tenere presente questa verità, quanto sarei migliore! Come non farebbero presa su di me i condizionamenti delle mie passioni e del mondo in cui vivo!
Guidami e sostienimi, o mio Gesù, con il tuo continuo aiuto. Tu che mi hai nutrito con i tuoi Sacramenti, trasforma la mia vita, così che compia quella svolta definitiva verso di Te che non conosce incertezze, dubbi o ritorni..."



R - "Figlio mio, sono presente nel Sacramento eucaristico e amo abitare in te proprio per questo: per aiutarti nella tua debolezza, per guidarti sulla via della giustizia, per attirarti a Me con coloro che ami, con quanti incontri sulla tua strada, con quanti non mi amano, mi rinnegano, mi calpestano. Ma oggi voglio approfittare di questo momento di colloquio per farti un discorso che può sembrare molto difficile da comprendersi e più ancora da attuarsi.

Per questo faccio appello alla tua volontà che deve essere forte e dinamica, al tuo coraggio che deve essere generoso, ma soprattutto a tutta la tua fede.

Ti ho già parlato tanto di fede; ma troppo spesso avviene che essa si riduce a semplice espressione verbale, o tutt'al più viene vissuta quando è facile e piacevole.
Ma per accettare quanto ti sto chiedendo è necessaria una fede integra, viva, incrollabile, granitica.

• Fede integra, perché senza riserve e senza ombra di dubbio, perché Io parlo e chiunque mi ascolta, a chiunque lo scelgo nella mia libertà divina che non ha bisogno di alcun permesso umano.

• Fede viva, perché vivente della mia Grazia e della luce dello Spirito Santo che illumina ogni mente, infiamma ogni cuore e rende ogni vita attivamente presente nel mio Regno e per il mio Regno.

• Fede incrollabile, perché talmente alimentata da convinzioni profonde, che i marosi che la colpiscono si infrangono violenti contro lo scoglio, ma non lo scalfiscono, bensì lo rendono più adatto a brillare ai raggi del Sole Divino.

• Fede granitica, perché come il masso di granito non si incrina per soffiar dei venti, così la fede che vi chiedo non deve subire incrinature o lesioni a causa dell'imperversare delle idee del mondo, delle sue mode, dei suoi assalti.

Solo con questa fede potrete capire, assimilare, vivere e far vivere quello che vi sto per dire.
Siete arrivati alla donazione, ma non basta. Io che mi sono fatto vittima di olocausto al Padre per riparare i vostri peccati e aprirvi le porte del paradiso, vi chiedo ancora l'olocausto.

Esso vuole essere e deve essere l'apoteosi del sacrificio per il trionfo dell'amore. Il sacrificio è il primo elemento indispensabile all'amore vero, efficiente, costruttivo, intramontabile.
Chi non si sacrifica per la persona amata, non ama veramente quella persona, ma sè stesso.
L'amore vero non è sentimentalismo, che produce momenti di entusiasmo: fuochi di paglia che subito si spengono; non è quello che per un momento vi fa sembrare di toccare le stelle con l'anima e poi la fa ricadere nel fango più lurido. L'amore vero è quello che si dona a Me incondizionatamente e costantemente, perché l'anima mi considera il suo vero ed unico Bene, pronta ad ogni sacrificio pur di essermi fedele.

L'amore efficiente è la forza interiore che vi spinge a coltivare le virtù migliori, a cominciare dall'umiltà, per essere presenze cristiane autentiche, in un mondo che si perde, perché sono troppo pochi i cristiani che mi testimoniano con il coraggio dei martiri.
L'amore costruttivo è quello che vi spinge a dare la migliore testimonianza di Me nella vostra famiglia e in ogni ambiente di vita, perché la luce ch'Io ho acceso in voi illumini quanti vivono con voi e quanti incontrate nel cammino della vostra vita.

L'amore intramontabile è l'amore fedele ad ogni costo alla mia legge, al mio Vangelo; è l'amore che vigila perché nulla lo deturpi, nulla lo incrini; è l'amore che approfitta di ogni occasione per darmi consolazione, per offrirmi riparazione ed è pronto a sradicare ogni sentimento che gli è contrario, affinché sia sempre più genuino, più limpido, più forte.

Fatevi l'esame di coscienza: quante volte il rifiuto di una rinuncia per una scelta fuori tempo e fuori luogo ha seppellito l'amore che pure avevate detto di riservarmi? Quante volte non avete compiuto il sacrificio della rinuncia all'attaccamento egoistico ad una persona sbagliata, ad amicizie lontane dallo spirito cristiano, e avete distrutto l'Amore che lo attendevo da voi?

Quante volte non avete compiuto il sacrificio di non ascoltare le voci, le lusinghe del mondo, del vostro egoismo carnale, ed è morto l'Amore lasciando in voi il rimpianto più amaro?

Saper compiere il sacrificio fino a giungere alla sua apoteosi, cioè al suo sublime vertice che è l'olocausto per il trionfo dell'amore, significa lasciar cadere tutta questa zavorra che vi abitua a vivere senza di Me, di Me che ho dato la vita per ognuna delle vostre anime e che vi attendo, vi chiamo con insistenza a vivere con Me per darvi tutta la ricchezza dei miei doni. Quando capirete il mio amore?

Spesso rifiutate il sacrificio perché vi attrae la materia, ma essa è un cattivo padrone: si rivolta contro coloro che la servono e li racchiude nei suoi limiti infausti. Più servite la materia, più il materiale vi schiaccerà... Più una creatura serve lo spirito, più semplifica, ordina anche il lavoro materiale, gli affari, i doveri quotidiani e li esemplifica, li facilita, li domina. Se il materiale lo schiaccia è perché trascura lo spirito...

Nessuno ha mai dovuto rimpiangere ciò che Mi ha dato. Ma prima bisogna fare tutto quello che si può, e solo dopo si può fare affidamento assoluto sul mio aiuto. E questo fare tutto quello che si può è sacrificio di rinuncia, è sacrificio per la scelta della parte migliore, è sacrificio per l'impegno a costruire il mio Regno d'amore dentro il vostro cuore..., è olocausto.

Mia cara anima diletta, che Mi ascolti con tutta la disponibilità della tua volontà, sappi che bisogna sempre cercare il Regno di Dio e la sua Giustizia, il resto vi sarà dato per sovrappiù: anche la strada giusta per il compimento della vostra vocazione, anche la persona giusta con la quale formare una famiglia cristiana, anche la gioia sovrabbondante che allieterà l'intera vostra famiglia, l'intero vostro avvenire... tutti i vostri figli. Non essere tarda a capire e ad offrirti..."



A - "Veramente ancora capisco poco circa l'olocausto. Nessuno me ne ha mai parlato."



R - "L'olocausto è innanzitutto l'offerta incondizionata a Dio, alla sua Legge, al suo Vangelo, e deve diventare vita vissuta e donata momento per momento della vostra giornata terrena.

A chi vi offrite voi? Ai vostri egoismi? Ai vostri piaceri? Alle idee, alle persone e alle cose del mondo?
Per il vostro Dio, per Me, per il mio Vangelo, che cosa vi rimane?

La mia richiesta di offrirvi incondizionatamente a Me la rivolgo ad ognuna delle vostre anime. Mi ascoltate? Mi comprendete? Io che non deludo mai, sono continuamente deluso... Lo sarò anche da voi che siete i prediletti dell'Eucaristia.
Perché l'olocausto diventi per voi vita vissuta e donata momento per momento e perché apprendiate l'Amore fin dove esso conduce, Io voglio seppellirvi nel mio Cuore. Cosa devo fare di più per dimostrarvi che vi amo?

Ho solo bisogno del vostro aiuto divenuto azione, sacrificio, testimonianza, cioè ho bisogno del vostro contributo perché l'amore è una corrente irresistibile, più potente del peso dei peccati. Vi consoli e vi incoraggi questo pensiero e vi spinga spesso a venire a Me eucaristico.

Solo con questo vostro concreto contributo, la vostra offerta potrà fare veramente di ciascuno di voi la luce del mondo: ognuno di voi una lampada che illumina le tenebre del mondo.

Sì, perché una sola anima, per quanto sia piccola, pervasa dall'amore può trascinare una moltitudine di altre anime. Anche se oggi voi non le vedete. Non siete voi che dovete vedere... Le incontrerete un giorno.

Ma attenzione che olocausto vuol dire:


1. Vivere il sacrificio
2. Donare l'amore
3. Irradiare la bontà


A - "O Signore, qui c'è tutto un programma di vita, ma come realizzarlo?"



R - "1. - Innanzi tutto occorre capire che senza sacrificio non può esserci azione valida e costruttiva. Il vostro valore non sta nelle vostre capacità personali, fossero pure geniali, ma nella vostra volontà di far vivere in voi il mio Amore, la mia Vita, la mia Giustizia.

E per questo ci vuole tanta mortificazione del corpo..., tanta penitenza del cuore..., tanta volontà che tenda a Me irresistibilmente...
E tutto questo è frutto di sacrificio.

Allora mi lascerete trasparire in voi. E gli altri mi scopriranno dalla vostra maniera di essere e di agire. Là dove sono Io, regna la chiarezza e l'ordine interiore che semplifica tutto; regna la contentezza: gioia stabile, nascosta, ma vera, anche in mezzo al sacrificio e alla rinuncia.
E Io sono là dove si vive il sacrificio per salvare, accrescere, testimoniare la mia presenza nel mondo.


2. - Per donare l'amore bisogna venire a Me che ne sono la sorgente.

Amo teneramente ogni anima con una tenerezza che il vostro cuore umano non suppone. Per questo voglio che le anime vengano a Me, che mi ascoltino, che ricevano il soffio di vita di cui non possono fare a meno.

Voi, e tu in particolare, condividerete questa mia volontà nella misura in cui mi amerete e nella misura in cui donerete il mio Amore agli altri, con tutto il sacrificio richiesto dalle circostanze.

Non potete fare questo senza l'olocausto del vostro cuore.
È per Amore mio che dovete lavorare per le anime, non per voi stessi: sciupereste, disperdereste, annientereste ogni opera di bene.
L'hai capito? Lavora per Me generosamente e fedelmente.

Più sarai generosa e fedele, anima mia, più potrò corrispondere alle tue premure con infinite premure per le anime, a cominciare dalla tua.
Cerca di far capire queste mie parole a tutti coloro che Io metto sulla tua strada. Il tempo riempito d'amore è servizio reso a tempo pieno. L'amore moltiplica il tempo.
L'olocausto lo santifica.

3. - Irradiare la bontà è imitare Me che ho distribuito bontà a piene mani.
Per irradiare la bontà però occorre controllo vigilante e costante coraggio. Innanzitutto la bontà è amore per chi sbaglia, per chi offende, per chi impreca.
Non si calma la tempesta di un cuore soffiandogli sopra il vento del rancore, del litigio, del disprezzo. Solo la bontà lo placa e gli fa riconoscere i suoi torti. Non raccogliete le offese e le provocazioni, ma amate e perdonate, con umiltà e mitezza.

Dovete portare a Me la vostra anima e le altre anime, ma non verrete a Me e non mi porterete le anime se il vostro cuore non è colmo di bontà, a costo della rinuncia dei vostri sentimenti, perché questo è l'olocausto che vi chiedo.
Irradiare la bontà vuole anche significare donare pietà e misericordia a tutti, e se voi in questo compito usate gesti e parole umane deboli e incomplete, non scoraggiatevi, perché lo aggiungo subito il mio Amore indicibile ai vostri sforzi e li rendo efficaci.

Potranno esserci momenti in cui vi sembrerà di sprecare la vostra vita preziosa usando misericordia, ma ricordate che la sprechereste veramente con la durezza del cuore.
Solo la bontà è la linfa che fa ancora vivere il mondo. Per questo non si è mai troppo buoni... e mai troppo miti.
Se mi darai l'olocausto della tua bontà, Io ti darò la mia pace, la mia quiete e ti darò tante anime da portare a Me...

È la bontà che conquista, perché comunica la calma della mente e l'equilibrio del cuore.
Se guardate a Me, a quello che Io ho fatto, a quello che Io sono nell'Eucaristia, capite facilmente che senza l'umile sacrificio e la mitezza non può esserci azione valida e costruttiva.
I
o vi ho dato la redenzione con la croce. Perché avete tanta paura della croce?
È con la croce, è con l'umile sacrificio che mi tenete maggiormente compagnia, che mi trattate da amico intimo.

Ed Io provo tanta gioia come un essere umano, perché sono Dio, ma anche uomo.
Quando venite a Me nella Comunione pensate che dopo l'istituzione del Sacramento, le mie membra furono slogate, la mia testa fu trafitta da spine fino allo spasimo più atroce, il mio sangue cadde fino all'ultima stilla per riscattarvi tutti alla Vita.

Perché non slegate le passioni dal cuore, dalla mente, dal corpo?
Perché non trafiggete la mentalità del mondo che ancora vi impedisce di trattarmi come il vostro amico più intimo; perché siete ancora troppo lontani dai miei pensieri?
Perché vi fa ancora paura il pensiero della rinuncia a voi stessi che unirebbe però ogni stilla del sangue del vostro cuore a quello da Me versato sulla croce per voi e per il mondo intero?
E sarebbe la Vergine Consolatrice e Regina a raccogliere le stille del vostro sangue per unirlo al mio, facendo di voi dei piccoli corredentori del mondo.

Se il sacrificio deve fare di ogni redento pianta ramificatrice di amore e di bontà, l'olocausto che è il sacrificio per eccellenza, cioè è l'immolazione totale della creatura al suo Creatore, deve essere la caratteristica di ogni componente dell'Opera Eucaristica.
Senza questa immolazione è vana e incostruttiva ogni azione di bene."


A - "O Signore, donaci un poco della tua forza perché con l'olocausto di noi riusciamo a costruire il Tuo Regno. "



R - "Voi volete costruire il mio Regno ed Io voglio essere il vostro Re.

Ma ricordatevi che Io sono il Re dei martiri. Per questo voglio il martirio del vostro cuore espresso attraverso un'adesione responsabile e consapevole alla mia richiesta di olocausto, divenuto apoteosi del sacrificio per il trionfo dell'amore... perché divenuto impegno concreto, rinuncia concreta, azione concreta, donazione concreta e coraggiosa manifestazione di bontà.

Certo, a questo punto ci vuole anche la fede. Ma tu approfondisci nella fede le cose che ti dico. Vivi intensamente di fede e di amore. Per quanto lo ripeta, non è sempre nuovo il discorso dell'amore? L'Amore di un Dio del quale vivrete per l'eternità? Immagini la forza e la dolcezza di questo amore? No, non puoi immaginare, ma vi compenserà di tutto con il cento per uno.

Dovete ricordare che, perché la famiglia torni ad essere quale Dio l'ha voluta, cellula primaria e vitale della società, è necessario che il sacrificio diventi la leva possente per ogni suo componente e sarà questa leva che, annientando l'egoismo oggi imperante, distruggitore e disgregatore, potrà ricostruire la famiglia secondo il volere divino... Ma portate Me Eucaristia con la Santa Madre in tutte le famiglie. Allora trionferà la bontà che rigenera ogni famiglia.

Naturalmente il sacrificio non sarebbe leva possente se non fosse permeato d'amore.
Si è egoisticamente dimenticato l'amore, e la famiglia si è sgretolata.
È cessato il dialogo che unisce indissolubilmente gli uni agli altri in un dono d'amore, e non si può più vincere il dissolvimento familiare se non si ritorna all'Amore del Cristo Crocifisso, se non si attinge questo Amore da Me, che sempre vi aspetto nell'Eucaristia.
È con questo amore che si riesce ad irradiare la bontà vera, efficace, instancabile, costruttrice.

Oggi più che mai la famiglia ha bisogno di sacrificio, di amore, e sacrificio ed amore sono le sorgenti inestinguibili della bontà formatrice e illuminante.

Se non si capirà il significato di tutto questo, se non vi donerete per questa indispensabile azione, la vostra adorazione eucaristica passerà invano, come venticello che sfiora le acque putride e non come indispensabile setaccio che toglie il fango e la melma... e fa nascere i fiori delle virtù più belle.


Siete stati scelti dalla Madre mia e vostra per testimoniare com'è semplice e gioiosa la vita di chi attinge l'Amore da Me Eucaristia.
Ma voi guardate a Me come all'Amato vero e insuperabile.
Mettete ogni radice delle vostre potenze: memoria, sentimento, intenzioni, volontà, bontà nel mio Cuore Eucaristico, per la causa mia, per la costruzione del mio Regno in voi e attorno a voi.

Avrete tutto il mio soccorso, perché come potrei non tenere conto di questo reciproco scambio di sentimenti d'amore e non aiutarvi?
Il mio Cuore conosce ogni delicatezza e le mie parole, i miei desideri, i miei sospiri vi fanno corteo. Niente mi interessa di più della vostra anima e del vostro apostolato eucaristico. 

Ditemi che anche voi sarete disposti a dare la vita per formare famiglie cristiane. Ripetetemi che darete la vita per estendere il mio Regno eucaristico nelle famiglie e nel mondo.
Non temete di niente. Io dall'Eucaristia vi dono la mia forza, la mia comprensione, il mio perdono. Le vostre mancanze, i vostri difetti donateli a Me ed Io subito cancello ogni cosa con il mio Amore onnipotente...

Confidate, confidate in Me, ditemi i vostri segreti, i vostri timori più reconditi, così il vostro cuore si riverserà nel mio e non sarà difficile realizzare ogni sacrificio per il compimento dell'olocausto e per la costruzione di famiglie autenticamente cristiane.
Apritemi il vostro cuore.

Ho pochi rifugi sulla terra. Tutti si preoccupano del benessere, del divertimento, ma sono pochi quelli che mi aprono il cuore!

Ci sono anche quelli che, dopo avermi dato ospitalità, mi cacciano fuori come un intruso.
Ci sono tanti altri che dicono di essere con Me, ma hanno un cuore già occupato da tante sciocchezze, che non trovano un posticino per Me che sono morto per loro, e il pensiero della mia morte, della mia causa, del mio Regno è per loro solo un fastidio...
Non vivono la purezza e dove non c'è la purezza non posso esserci Io.
Mia anima diletta, non essere anche tu così! Non faresti solo dispiacere a Me. Tradiresti te stessa.
"Che giova all'uomo guadagnare anche il mondo intero se poi si perde o rovina se stesso?" (Lc. 9 - 25)

Si può ingaggiare la difficile battaglia con il mio amore, col lavoro umile, sudato, silenzioso, nascosto, ma capillare, con il totale dono di un Bene che non fa e non deve fare chiasso, perché il chiasso non ha mai fatto del bene...
Ricordate però sempre che il segreto della riuscita dipende dalla vostra fede vissuta, sofferta, donata, testimoniata e diffusa con la bontà.

L'olocausto è la consegna che vi lascio, è la parola d'ordine, e ognuno di voi, con serenità umile e cosciente, studi la strada migliore per arrivare alla meta.
Non cercate delizie, entusiastiche adesioni, calorose approvazioni.
La vostra strada sarà invece strada tortuosa, impervia, sconnessa e spesso vi sembrerà che le forze stiano per cedere, la stanchezza per abbattervi.
Ma se andrete avanti con fermezza, con volontà decisa, con amore forte, la vostra vita diventerà il giardino fiorito nel quale Io, vostro Salvatore, mi innamorerò ogni giorno più di voi.

E non dimenticate mai che con voi ci sarà sempre la Madre pronta a soccorrervi, e dove c'è la Madre Santa ci sono anch'Io. Sempre.



A - "Anche nell'Eucaristia, o Signore, troviamo la Madre tua e nostra?"



R - "Non dimenticate che nell'Eucaristia c'è sempre anche la Madre, perché se Io sono il pane disceso dal cielo, ho assunto il corpo in terra. La terra è Maria, della vostra terra, della vostra stirpe di Adamo. Ella ha dato il fiore, il fiore è diventato frutto perché poteste nutrivi, nutrirvi della sua carne.


Io, nato da Maria, sono il seme che è diventato grano, pane e vino eucaristico. Il Padre mi ha mandato: ha mandato Me, Verbo incorporale, come grano di frumento saporito. Il seno di Maria, simile a terra fertile, mi ha accolto, e mi dà a voi ogni giorno in corpo, sangue, anima e divinità.
Credete: la transustanziazione mi rende vivo e vero in mezzo a voi.
Il mistero eucaristico consiste in questo: per la transustanziazione il mio corpo glorioso diventa carne e sangue per nutrimento delle vostre anime.

Per questo vi ho detto: 'Prendete e mangiate, questo è il mio corpo, bevetene tutti questo è il mio sangue dell'alleanza versato per molti in remissione dei peccati': (Mt. 26 - 26, 28)
La Madre è la radice, la sorgente dell'Eucarestia, perché avendo compiuto interamente il suo olocausto, ha meritato di divenire Ostia a Me consacrata per la vita del mondo. Prima vi ha dato la vittima; ora vi dà il cibo. Io infatti sono l'Agnello senza voce, trucidato, partorito da Maria, la bella Agnella.

La presenza della Madre nella comunione dei santi si esprime in intercessione per voi durante la celebrazione eucaristica. Ella è misteriosamente presente con Me che agisco nell'Eucaristia per voi, perché anche voi sappiate compiere il vostro olocausto.
La Madre che sta al primo posto nella Chiesa celeste, raduna tutti i suoi figli sparsi nello spazio e nel tempo e li presenta a Me.
Fatevi presentare a Me dalla Madre: avrete il suo amore benedicente e il mio amore misericordioso.



A - "Prima di vederti lassù Divino Amore dell'anima mia, voglio servirmi della mia vita quaggiù, per essere la piccola ostia di Te, Ostia d'Amore.

Come l'Ostia del Tabernacolo voglio andare dove la Lega Eucaristica mi manderà, o Gesù, nei grandi doveri della carità per il trionfo del Regno di Cristo. Come l'Ostia del S. Sacrificio mi lascerà sempre spezzare e consumare in tutte le fatiche e i sacrifici richiesti dalla Lega Eucaristica per la salvezza del mondo. Mio Dio, voglio darmi a tutti sotto forma di ostia, cioè di sacrificio ispirato dall'Amore. Come tu vuoi, come tu chiedi. Sempre!


domenica 13 marzo 2011

Brano tratto da: L'evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta

L'addio alla Madre e partenza da Nazareth. Il pianto e la preghiera della Corredentrice.

Vedo l'interno della casa di Nazareth. Vedo una stanza, pare un tinello dove la Famiglia prenda i pasti e sosti nelle ore di riposo. (…) Alla tavola è seduto Gesù. Mangia e Maria lo serve andan­do e venendo da una porticina, che suppongo conduca al posto dove è il focolare, del quale si vede il bagliore dalla porta soc­chiusa. Gesù dice due o tre volte a Maria di sedere... e di mangiare Essa pure. Ma Lei non vuole, scuote il capo sorridendo mesta­mente e porta, dopo le verdure lessate, che mi pare abbiano il ruolo di minestra, dei pesci arrostiti e poi un formaggio piut­tosto molle, come un pecorino fresco, di forma appallottolata come una di quelle pietre che si vedono nei torrenti, e delle ulive piccole e scure. Il pane, e poco alto, è già sulla tavola.

E' piut­tosto scuro, come non fosse privato del cruschello. Gesù ha da­vanti un'anfora con dell'acqua e una coppa. Mangia in silen­zio, guardando la Mamma con doloroso amore. Maria, lo si vede visibilmente, è in pena. Va, viene, per darsi un contegno. Accende, e vi è ancora luce sufficiente, una lu­cerna e la mette presso a Gesù, e nell'allungare il braccio ca­rezza la testa del Figlio furtivamente, riapre una bisaccia, che mi pare di quelle stoffe tessute a mano di lana vergine e per­ciò impermeabile, color nocciola, vi fruga dentro, esce nell'orticello e va in fondo ad esso, in una specie di ripostiglio, ne esce con delle mele piuttosto vizze, certo conservate dall'estate, e le mette nella bisaccia, poi prende un pane e una formaggella e unisce anche questa, per quanto Gesù non voglia, dicendo che basta ciò che ha.

Poi Maria si accosta alla tavola di nuovo, dal lato più stretto, alla sinistra di Gesù, e lo guarda mangiare. Se lo guarda con struggimento, con adorazione, con il volto ancor più pallido del solito e che la pena rende come invecchiato, con gli occhi più grandi per un'ombra che li segna, indizio di lacrime già ver­sate. Sembrano anche più chiari del solito, come lavati dal pian­to che è già nell'occhio, pronto a cadere. Due occhi dolorosi e stanchi. Gesù, che mangia adagio e palesemente contro voglia, tanto per fare contenta la Madre, e che è pensieroso più del solito, alza il capo e la guarda.

 Incontra uno sguardo pieno di lacrime e curva il capo per lasciarla libera, limitandosi a pren­derle la manina sottile che Ella tiene appoggiata all'orlo del tavolo. Gliela prende con la sinistra e se la porta alla guan­cia, vi appoggia sopra la guancia e ve la strofina un momento per sentire la carezza di quella povera manina che trema, e poi la bacia sul dorso con tanto amore e rispetto. Vedo Maria che si porta la mano libera, la sinistra, alla boc­ca, come per soffocare un singhiozzo, e poi si asciuga con le dita un lacrimone che è traboccato dal ciglio e riga la guancia. Gesù riprende a mangiare e Maria esce svelta svelta nel­l'orticello, dove è ormai poca luce, e scompare. Gesù appoggia il gomito sinistro sul tavolo, e sulla mano appoggia la fronte e si immerge nei suoi pensieri, smettendo di mangiare. Poi ascolta e si alza.

 Esce anche Lui nell'orto e, dopo esser­si guardato intorno, si dirige verso destra, rispetto al lato del­la casa, ed entra, per una spaccatura, in una parete rocciosa, dentro a quello che riconosco per il laboratorio del falegname, questa volta tutto ordinato, senza assi, senza trucioli, senza fuoco acceso. Vi è il bancone e gli utensili, tutti al loro posto, e basta. Curva sul bancone, Maria piange. Sembra una bambina. Ha il capo sul braccio sinistro ripiegato e piange senza rumo­re, ma con molto dolore. Gesù entra piano e le si accosta così leggermente che Ella capisce che è lì solo quando il Figlio le posa la mano sulla testa china, chiamandola: «Mamma!» con voce di amoroso rimprovero.

Maria alza la testa e guarda Gesù fra un velo di pianto e si appoggia a Lui, con le due mani congiunte, contro al suo braccio destro. Gesù le asciuga il volto con un lembo della sua larga manica e poi l'abbraccia, tirandosela sul cuore e bacian­dola sulla fronte. Gesù è maestoso, sembra più virile del soli­to, e Maria sembra più bambina, fuorché nel volto che il dolo­re segna. «Vieni, Mamma» le dice Gesù e, tenendola stretta a Sé col braccio destro, si incammina tornando nell'orto, dove si sie­de su un banco contro il muro della casa. L'orto è silenzioso e ormai oscuro. Vi è solo un bel chiaro di luna e la luce che esce dal tinello. La notte è serena. Gesù parla a Maria.

Non intendo in principio le parole appena mormorate, alle quali Maria assente col capo. Poi odo: «E fàtti venire le parenti. Non rimanere sola. Sarò più tran­quillo, Madre, e tu sai se ho bisogno d'esser tranquillo per com­piere la mia missione. Il mio amore non ti mancherà. Io verrò sovente e ti farò avvertire quando sarò in Galilea e non potrò venire a casa. Tu verrai da Me, allora. Mamma, quest'ora do­veva venire. Si è iniziata qui, quando l'Angelo ti apparve; ora scocca e noi dobbiamo viverla, non è vero, Mamma? Dopo ver­rà la pace della prova superata e la gioia. Prima bisogna vali­care questo deserto come gli antichi Padri per entrare nella Terra Promessa.

Ma il Signore Iddio ci aiuterà come aiutò lo­ro. E ci darà il suo aiuto come manna spirituale per nutrire il nostro spirito nello sforzo della prova. Diciamo insieme al Padre nostro...». E Gesù si alza e Maria con Lui e alzano il volto al cielo. Due ostie vive che lucono nell'oscurità. Gesù dice lentamente, ma con voce chiara e scandendo le parole, la preghiera dominicale. Appoggia molto sulle frasi: «adveniat Reguum tuum, fiat voluntas tua» distanziando mol­to queste due frasi dalle altre. Prega con le braccia aperte, non proprio a croce, ma come stanno i sacerdoti quando si volgono a dire: «Dominus vobiscum». Maria tiene le mani congiunte.

Poi tornano in casa e Gesù, che non ho mai visto bere vino, versa in una coppa, da un'anfora presa sulla scansia, un poco di vino bianco e la porta sulla tavola, prende per mano Maria e la obbliga a sedersi vicino a Lui e a bere di quel vino, in cui intinge una fettina di pane che le fa mangiare. L'insi­stenza è tale che Maria cede. Gesù beve il rimanente vino. E poi si stringe la Mamma al fianco e se la tiene così, contro la persona, dalla parte del cuore. Né Gesù né Maria stanno sdraia­ti, ma seduti come noi. Non parlano più. Attendono. Maria ca­rezza la mano destra di Gesù e le sue ginocchia. Gesù carezza Maria sul braccio e sul capo. Poi Gesù si alza e Maria con Lui e si abbracciano e si ba­ciano amorosamente più e più volte. Sembra che sempre si vo­gliano lasciare, ma Maria torna a stringere a sé la sua Crea­tura.

E' la Madonna, ma è una mamma infine, una mamma che si deve staccare dal suo figlio e che sa dove conduce quel distacco. Non mi si venga più a dire che Maria non ha soffer­to. Prima lo credevo poco, ora più affatto. Gesù prende il mantello (blu scuro) e se lo drappeggia sul­le spalle e sul capo a cappuccio. Poi si passa a tracolla la bi­saccia, di modo che non gli ostacoli il cammino. Maria lo aiu­ta e mai finisce di accomodargli la veste e il manto e il cap­puccio, e intanto lo carezza ancora. Gesù va verso l'uscio dopo avere tracciato un gesto di be­nedizione nella stanza.

Maria lo segue e sull'uscio ormai aperto si baciano ancora. La via è silenziosa e solitaria, bianca di luna. Gesù si in­cammina. Si volta ancora per due volte a guardare la Mam­ma, che è rimasta appoggiata allo stipite, più bianca della lu­na e tutta lucente di pianto silenzioso. Gesù si allontana sem­pre più per la viuzza bianca. Maria piange sempre contro la porta. Poi Gesù scompare ad una svolta della via. E' cominciato il suo cammino di Evangelizzatore, che ter­minerà al Golgota. Maria entra piangendo e chiude la porta. Anche per Lei è cominciato il cammino che la porterà al Gol­gota. E per noi...

Dice Gesù: «Questo è il quarto dolore di Maria Madre di Dio. Il primo, la presentazione al Tempio; il secondo, la fuga in Egitto; il terzo, la morte di Giuseppe; il quarto, il mio distacco da Lei. Conoscendo il desiderio del Padre, ti ho detto ieri sera che affretterò la descrizione dei "nostri" dolori perché siano resi noti. Ma, come vedi, già ne erano stati illustrati di quelli di mia Madre. Ho spiegato prima la fuga che la presentazione, perché vi era bisogno di farlo in quel giorno. Io so.

 E tu com­prendi e dirai il perché al Padre. A voce. E' mio disegno alternare le tue conteìnplazioni, e le mie conseguenti spiegazioni, coi dettati veri e propri, per solleva­re te e il tuo spirito dandoti la beatitudine del vedere, e anche perché così è palese la differenza stilistica fra il tuo comporre ed il mio. Inoltre, davanti a tanti libri che parlano di Me e che, tocca e ritocca, muta e infronzola, sono divenuti irreali, Io ho desi­derio di dare a chi in Me crede una visione riportata alla veri­tà del mio tempo mortale. Non ne esco diminuito, ma anzi re­so più grande nella mia umiltà, che si fa pane a voi per inse­gnarvi ad essere umili e simili a Me, che fui uomo come voi e che portai nella mia veste d'uomo la perfezione di un Dio.

Dovevo essere Modello vostro, e i modelli devono essere sem­pre perfetti. Non terrò nelle contemplazioni una linea cronologica cor­rispondente a quella dei Vangeli. Prenderò i punti che trove­rò più utili in quel giorno per te o per altri, seguendo una mia linea di insegnamento e di bontà. L'insegnamento che viene dalla contemplazione del mio distacco va specialmente ai genitori e ai figli, che la volontà di Dio chiama alla rinuncia reciproca per un più alto amore. In secondo luogo va a tutti coloro che si trovano di fronte ad una rinuncia penosa. Quante ne trovate nella vita! Esse sono spine sulla terra e trafiggenti il cuore, lo so.

 Ma a chi le accoglie con rassegna­zione - badate, non dico: "a chi le desidera e le accoglie con gioia (ciò è già perfezione); dico: '' con rassegnazione, - si mutano in eterne rose. Ma pochi le accolgono con rassegna­zione. Come asinelli restii, recalcitrate al volere del Padre e vi impuntate, se pur non cercate colpire con spirituali calci e morsi, ossia con ribellione e bestemmie al buon Dio. E non dite: "Ma io non avevo che questo bene e Dio me l'ha tolto. Ma io non avevo che questo affetto e Dio me l'ha strappato". Anche Maria, donna gentile, amorosa alla perfe­zione, perché nella Tutta Grazia anche le forme affettive e sen­sitive erano perfette, non aveva che un bene e un amore sulla terra: il Figlio suo. Non le rimaneva che Quello.

 I genitori morti da tempo, Giuseppe morto da qualche anno. Non c'ero che Io per amarla e farle sentire che non era sola. I parenti, per ca­gione di Me, di cui non sapevano l'origine divina, le erano un poco ostili, come verso una mamma che non sa imporsi al fi­glio che esce dal comune buon senso, che rifiuta le nozze pro­poste, le quali potrebbero dare lustro alla famiglia, e aiuto anche. I parenti, voce del senso comune, del senso umano - voi lo chiamate buon senso, ma non è che senso umano, ossia egoi­smo - avrebbero voluto queste pratiche svolte nella mia vita. In fondo c'era sempre la paura di dovere un giorno passare delle noie per causa mia, che già osavo mettere fuori delle idee troppo idealiste, secondo loro, le quali potevano urtare la sinagoga. La storia ebraica era piena di inseguamenti sulla sorte dei pro­feti.

Non era una facile missione quella del profeta, e dava so­vente morte allo stesso e noie al parentado. In fondo c'era sem­pre il pensiero di dovere, un giorno, occuparsi di mia Madre. Perciò il vedere che Ella non mi ostacolava in nulla e pare­va in continua adorazione davanti al Figlio, li urtava. Questo urto sarebbe poi cresciuto nei tre anni di ministero, sino a cul­minare nei rimproveri aperti quando mi raggiungevano in mez­zo alle folle e si vergognavano della mia, secondo loro, mania di urtare le caste potenti.

Rimprovero a Me e a Lei, povera Mamma! Eppure Maria, che sapeva l'umore dei parenti - non tut­ti furono come Giacomo e Giuda e Simone, né come la loro ma­dre Maria di Cleofa - e che prevedeva l'umore futuro, Maria, che sapeva la sua sorte durante quei tre anni e quella che l'at­tendeva alla fine degli stessi e la sorte mia, non recalcitrò co­me voi fate. Pianse.

E chi non avrebbe pianto davanti ad una separazione da un figlio che l'amava come Io l'amavo, davan­ti alla prospettiva dei lunghi giorni, vuoti della mia presenza, nella casa solitaria, davanti al futuro del Figlio destinato a dare di cozzo contro il malanimo di chi era colpevole e che si vendicava d'esser colpevole offendendo l'Incolpevole sino ad ucciderlo? Pianse perché era la Corredentrice e la Madre del genere umano rinato a Dio, e doveva piangere per tutte le mamme che non sanno fare, del loro dolore di madri, una corona di glo­ria eterna.

 Quante madri nel mondo, a cui la morte svelle dalle brac­cia una creatura! Quante madri a cui un soprannaturale vole­re strappa dal fianco un figlio! Per tutte le sue figlie, come Ma­dre dei cristiani, per tutte le sue sorelle, nel dolore di madre orbata, ha pianto Maria. E per tutti i figli che, nati da donna, sono destinati a divenire apostoli di Dio o martiri per amore di Dio, per fedeltà a Dio, o per ferocia umana. Il mio Sangue e il pianto di mia Madre sono la mistura che fortifica questi segnati a eroica sorte, quella che annulla in loro le imperfezioni, o anche le colpe commesse dalla loro debolezza, dando, oltre al martirio, comunque subito, la pace di Dio e, se sofferto per Dio, la gloria del Cielo.

Le trovano i missionari come fiamma che scalda nelle re­gioni dove la neve impera, le trovano come rugiada là dove il sole arde. Sono spremute dalla carità di Maria e sono sgor­gate da un cuore di giglio. Hanno perciò, della carità vergina­le sposata all'Amore, il fuoco, e della verginale purezza la pro­fumata frescura, simile a quella dell'acqua raccolta nel calice di un giglio dopo una notte rugiadosa. Le trovano i consacrati in quel deserto che è la vita mona­stica bene intesa: deserto, perché non vive che l'unione con Dio, e ogni altro affetto cade divenendo unicamente carità sopran­naturale: per i parenti, gli amici, i superiori, gli inferiori. Le trovano i consacrati a Dio nel mondo, nel mondo che non li capisce e non li ama, deserto anche per questi, in cui essi vivono come fossero soli, tanto sono incompresi e derisi per amor mio.

 Le trovano le mie care "vittime", perché Maria è la pri­ma delle vittime per amore di Gesù, ed alle sue seguaci Ella dà, con mano di Madre e di Medico, le sue lacrime che ristorano e inebbriano a più alto sacrificio. Santo pianto della Madre mia! Maria prega. Non si rifiuta di pregare perché Dio le dà un dolore. Ricordatelo. Prega insieme a Gesù. Prega il Padre. Nostro e vostro. Il primo "Pater noster" è stato pronunciato nell'orto di Nazareth per consolare la pena di Maria, per offrire le "no­stre" volontà all'Eterno nel momento che si iniziava per que­ste volontà il periodo di sempre crescente rinunzia, culminan­te a quella della vita per Me e della morte di un Figlio per Maria.

 E, per quanto noi non avessimo nulla da farci perdonare dal Padre, pure per umiltà noi, i Senza Colpa, abbiamo chie­sto il perdono del Padre per andare perdonati, assolti anche di un sospiro, incontro alla nostra missione degnamente. Per insegnarvi che piu si è in grazia di Dio e più la missione è be­nedetta e fruttuosa. Per insegnarvi il rispetto a Dio e l'umil­tà. Davanti a Dio Padre anche le nostre due perfezioni di Uo­mo e di Donna si sono sentite nulla e hanno chiesto perdono. Come hanno chiesto il "pane quotidiano". Quale era il nostro pane? Oh! non quello impastato dalle pure mani di Maria e cotto nel piccolo forno, per il quale tante volte avevo formato fastelli e fascine.

 Anche quello necessa­rio finché si è sulla terra. Ma il "nostro" pane quotidiano era quello di fare giorno per giorno la nostra parte di missione. Che Dio ce la desse ogni giorno, perché fare la missione che Dio dà è la gioia del "nostro" giorno, non è vero, piccolo Gio­vanni? Non lo dici anche tu che ti par vuoto il giorno, ti pare non stato, se la bontà del Signore ti lascia un giorno senza la tua missione di dolore? Maria prega insieme a Gesù. E' Gesù che vi giustifica, fi­gli. Sono Io che rendo accettevoli e fruttuose le vostre preghiere presso il Padre.

 Io l'ho detto: "Tutto quello che chiederete al Padre in mio nome, Egli ve lo concederà", e la Chiesa avvalo­ra le sue orazioni dicendo: "Per Gesù Cristo Signor nostro". Quando pregate, unitevi sempre, sempre, sempre a Me. Io pregherò a voce alta per voi, coprendo la vostra voce di uomi­ni con la mia di Uomo-Dio. Io metterò sulle mie mani trafitte la vostra preghiera e l'eleverò al Padre. Diverrà ostia di pre­gio infinito. La mia voce fusa con la vostra salirà come bacio filiale al Padre, e la porpora delle mie ferite farà prezioso il vostro pregare. Siate in Me se volete avere il Padre in voi, con voi, per voi. Hai finito la narrazione dicendo: "E per noi...", e vole­vi dire: "per noi che siamo così ingrati verso questi Due che hanno montato il Calvario per noi". Hai fatto bene a mettere quelle parole. Mettile ogni volta che ti farò vedere un nostro dolore. Sia come la campana che suona e che chiama a medi­tare e a pentirsi. Basta, ora. Riposa. La pace sia con te».

sabato 12 marzo 2011

Finora ho pubblicato solo gli scritti dei Santi, ora vorrei dire brevemente la mia esperienza.
Fino a poco tempo fa praticavo la Messa e cercavo a mio modo di seguire il Vangelo. Però capivo che non era abbastanza e che non avevo le spinte giuste per arrivare dove volevo, a Dio, alla felicità. Così ho cominciato a riprendere in mano un vecchio sentiero già conosciuto, il kryia yoga. Immagino già che storcerete il naso pensando, Yoga! cos'è questa roba? Ma non è lo yoga tipo new age, bensì un sentiero dato da Paramhansa Yogananda, un Maestro orientale che ha portato la scenza di riunirsi a Dio tramite techniche scentifiche di meditazione e principi presi dal Vangelo originale e lo Yoga originale.
Sto cominciando ora a meditare e ho scoperto molto di più su Dio meditando che pregando in maniera convenzionale. C'è un mondo che attende di essere scoperto, quello interiore, e la meditazione ne da uno strumento valido.
Volevo solo dire la mia esperienza.

Colloqui Eucaristici - 8 parte -

LA DONAZIONE

A - "Oggi voglio rendere a Te il triplice omaggio di tutto il mio essere: adorazione, riparazione, ringraziamento.

Io sono nulla, ma chiedo a Te di colmare il mio nulla con i meriti infiniti della tua Incarnazione, della tua Passione e della tua Morte e Risurrezione.
Posso chiederti questo? "

R - "Non solo puoi, ma devi farlo. Offrimi il tuo nulla e la tua debolezza e chiedimi di sostituirti; non resisterò. Copriti dei miei meriti, prendi il mio amore per amarmi. Prendi la mia umiltà, la mia pazienza per assomigliarmi.

Non meravigliarti di essere fragile, ma metti la tua fragilità nelle mie mani forti e il dolore delle mie piaghe riparerà ogni tuo errore.

Così non sarò solo il tuo modello, ma anche il tuo aiuto.

Offri i miei meriti al Padre per adorare la sua maestà, la sua onnipotenza, ma anche la sua misericordia con la quale compie sempre giustizia d'amore verso i suoi figli...

Offri i miei meriti al Padre in riparazione del tuo passato e di tutti i peccati del mondo. È questa l'offerta dei miei amici, dei miei intimi, di quelli che mi aiutano a convertire tanti peccatori. Pensa ad essi ed abbi la mia sete per la loro salvezza...

Offri i miei meriti al Padre in ringraziamento del Salvatore che ha mandato al mondo. Sono così pochi quelli che ringraziano, perché sono pochi quelli che sanno che la riconoscenza, anche per le più piccole grazie ricevute, ne attira altre, irresistibilmente. Un grazie d'amore è dolce al mio Cuore più di quanto tu non immagini.

Ma offri anche le tue pene, i tuoi problemi, i tuoi sacrifici per l'esatto adempimento dei tuoi doveri; offri tutto questo perché Io attiri altre anime, come ho fatto con te, ti potevi perdere, e invece..."

La fede

A - "Signore, sì, io ti ringrazio per il tuo amore, ma ti prego: Signore, aumenta la mia fede perché nessuna delle tue parole vada perduta. "

R - "Si parla tanto oggi di Fede e non si vuole capire che la Fede vera è donazione, così come la donazione è l'inno meraviglioso della fede. Non basta dire: Io credo. È solo di comodo. Bisogna viverlo questo Credo, e questo vivere è donazione totale e incondizionata. Vivere il Credo significa avere una fiducia illimitata nella Santissima Trinità e donarsi ad essa senza riserve; significa credere al Vangelo, così come Io ve l'ho dato, senza stravolgimenti comodi alla mentalità del mondo. La donazione di sè è l'espressione più viva e vibrante dell'amore, è il linguaggio più eloquente ed incisivo della fede.

Non mi sono donato a voi nell'Eucaristia per dimostrarvi quanto è grande e potente l'Amore Divino?

Perché oggi c'è chi dice che l'Ostia Consacrata è solo un segno e non il mio vero corpo, e non tutto me stesso? Perché manca la Fede. Hanno studiato, dicono; si credono sapienti. Poveri stolti!

"Ma il Figlio dell'uomo quando verrà, troverà ancora la fede sulla terra?': (Lc. 18 - 8)

Chi crede mi ama e chi ama desidera esprimersi attraverso il dono; chi è amato vede nel dono stesso l'affermazione di questo amore. Il dono di Me lo avete sempre e siete sempre certi che Io vi amo. È il dono di voi che mi manca, perché nell'amarmi siete deboli e distratti dalle cose del mondo, perché non credete più nella mia reale presenza, nella SS. Eucaristia, fino a negarmi l'adorazione a me dovuta? Non sono forse il vostro Dio?

Voglio la vostra donazione totale e incondizionata, ma essa presuppone l'annientamento, frutto di umiltà e di amore. Questa donazione, per essere veramente capita e vissuta, ha bisogno di tutta, tutta la vostra fede.

È necessaria una Fede integra, e semplice, senza mescolanza di superstizioni, senza desiderio dello straordinario, senza condizioni. Solo con questa fede potrete capire, assimilare, vivere quanto il mio Cuore vi chiede per la vostra donazione.

Poiché tutto comincia dalla Fede e tutto è proporzionato dalla fede nel vostro cammino verso Dio, occorre che la fede venga scoperta, affermata, accresciuta ogni giorno. Nelle diverse condizioni in cui vi trovate, in qualunque problema vi dibattete, c'è sempre modo di riscoprire e riaffermare la fede.

Quando eravate bambini la vostra fede era bambina, ma ora deve crescere con voi e divenire adulta. La Fede è un atto di intelletto che conosce una verità e vi aderisce per l'autorità di Dio. Solo per questo.

Non perché la parola di Dio sembra molto logica, non perché fa piacere aderirvi, non perché ciò che rivela è comodo, è bello, ma solo perché è Dio che ha parlato."

A - "Poiché la nostra fede oggi è aggredita da ogni parte, come conservarla, come accrescerla? "

R - "La fede racchiude una immensa ricchezza per la vostra vita spirituale, ed è la ricchezza di Dio stesso cui la Fede si riferisce. Per accrescersi ha bisogno di questi tre mezzi:

1. Più vi avvicinate a Dio con la grazia, l'annientamento, l'umiltà, più la vostra fede cresce, diventa vivificante, integra, granitica, perché cresce il possesso di Dio da parte vostra e questo possesso vi facilita la donazione.

2. La Fede, che in voi è posta in embrione dallo Spirito Santo, ha bisogno di continuo nutrimento per essere sempre più vera. Questo nutrimento è la conoscenza di Me, attraverso il mio Vangelo realmente capito e coscientemente vissuto. È preghiera continua, è dialogo con Me nell'Eucaristia: dialogo aperto nella sincerità dell'amore...

3. La Fede, questo dono meraviglioso che vi fa veri discepoli del Divino Maestro, ha bisogno della vostra iniziativa, che è ricerca senza cavilli, che è preghiera umile e costante, che è movimento della volontà perché l'intelletto aderisca...

Questi tre mezzi faranno della vostra fede la spina dorsale di tutta la vostra vita che vi consentirà di camminare speditamente verso la perfezione e di vivere quella donazione totale e incondizionata, che è sostanza della vita cristiana e condizione per vivere in intimità con Me.

L'anima che crede in Me mi vuole, mi cerca amandomi, si dona a Me fino a costituire con Me una cosa sola, perché la mia vita pulsi in essa.

È questa fede che rende possibile la donazione.

Ancora una volta devo chiedere l'adesione della vostra volontà, perché, se l'atto di fede è un atto d'intelletto, affinché esso possa avvenire, ha bisogno dell'ordine della volontà, e questa deve impartire l'ordine, non può fare a meno di impartirlo in quanto ha riconosciuto l'autorità del teste che è Dio.

Se quest'ordine non viene impartito è segno che la volontà è paralizzata da un orgoglio che le impedisce di accettare l'atto più certo, più capace di dare garanzia, quale è appunto l'autorità di Dio rivelante.

"Se avrete fede e non dubiterete, se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà" (Mt. 21- 22)

Perché credete nella mia presenza eucaristica? Perché Io ve l'ho rivelata e voi umilmente accettate.

Quando Io ho detto: "Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue" ho fatto una affermazione solenne con l'autorità che mi veniva dall'essere il vostro Dio e il vostro Salvatore.

Volevo farvi sapere, capire, credere che il mio immenso amore per voi mi spingeva a realizzare il grande Mistero Eucaristico della mia perenne e reale presenza in mezzo a voi. Dopo avervi redenti, volevo essere la vostra consolazione, la vostra forza, il vostro conforto in ogni giorno della vostra vita. Io mi sono donato a voi, e voi? Non capite quanto è grande il mio amore?

Come vedete, non è solo questione di luce. Dio la dà la luce a piene mani. È questione di umiltà e di energia spirituale, quella energia che proviene dalla fede, dalla preghiera, dai sacramenti, dalla vicinanza a Me eucaristico...

Se mi amate, venite a Me, ascoltate la mia voce e, poiché potete credermi, dovete credermi. Se non c'è una grande fede, anche l'Eucaristia si fa distante dalla vostra vita, e la donazione di voi a Me diventa impossibile, e la nostra intimità svanisce.

La certezza della Fede la raggiungete razionalmente, ma lo splendore della fede dipende da tutte le cose che vi danno splendore di grazia, e la più grande di queste cose è la mia presenza eucaristica dentro di voi.

Cercatemi, ricevetemi con più amore, datemi la vostra generosità e questa aumenterà la vostra fede. Ma invocatemi spesso durante la giornata e lo vi farò sentire tutto il mio amore e darò forza alla vostra donazione.

È così labile e misera la fede del mondo. Dappertutto si cercano miracoli; si vuole il miracolo ad ogni costo, e se non c'è, si rifiuta la fede. Ma la fede si riferisce a cose invisibili e quando c'è il miracolo, voi vedete e cessate di credere.

Vedete come agisce Dio: i più grandi misteri si realizzano fuori dagli sguardi degli uomini, come l'Incarnazione, la Natività, la Risurrezione, come questa Redenzione continua che si ripete ogni giorno sugli altari con miracoli di conversioni che nessuno vede e che sono i più grandi...

Datemi il vostro cuore ed io lo purificherò. La Fede sta prima nel cuore che nella mente. Ma ho bisogno di un cuore puro, senza le nebbie delle passioni e dei vizi, senza i veli dell'orgoglio e della presunzione, disponibile all'amore sincero.

Basta avvicinarsi a Me con amore, anche solo con il desiderio dell'amore...

A me basta anche un sospiro d'amore.

La fede di quelli che credono perché hanno visto il miracolo, non ha radici in se stessi, nel loro cuore, nella loro volontà; essa attesta il miracolo, ma non Mi glorifica.

"Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui" (Gv. 3 - 36)

La fede di quelli che credono senza aver visto ha radici in loro stessi, nella loro libera volontà che dirigono verso di Me per glorificarmi. La loro fede Mi onora. Essi credono nella mia presenza invisibile e, poiché ascoltano la mia voce, li chiamo alla mia intimità...

Nell'Eucaristia e sempre, Io sono una cosa sola con loro.

Non cercatemi altrove. Cercatemi dentro di voi. Io parlo al vostro cuore, cercatemi con amore perché Io sono Amore. Credete in Me con una fede che non crolla di fronte ad alcuna difficoltà, con una fede viva che alimenta in voi l'amore che porta alle opere di comprensione, di collaborazione, di misericordia, così che la luce che vi è data risplenda davanti agli uomini e la vostra donazione sia efficace per la loro salvezza. "Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, nè si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei Cieli" (Mt. S -14, 16)

Se ogni anima facesse "risplendere davanti agli uomini la parte di luce" che le è affidata, il faro di luce che è la Chiesa risplenderebbe irresistibilmente, e ogni famiglia sarebbe un focolare di amore e di luce, e i figli sarebbero la consolazione mia e di tutti.

Datemi una fede concreta, resa più viva ed operante da un'intensa preghiera, fatta di donazione totale e incondizionata, e dal profondo della vostra anima sentirete salire una dolce voce: "Sono lo. Sono Io che desidero vivere in voi. Prestatemi la vostra umanità perché Io operi in essa per la vostra santificazione e per la salvezza del mondo".

Chi vuol vivere la fede apre il proprio cuore agli altri, a chi non crede, non prega, non ama, a chi ha problemi morali, psicologici, materiali che da solo non riesce a risolvere, a chi è solo, non ha pace, non ha amore. E si dona ad essi dimenticando se stesso, come Io ho dimenticato Me stesso per salvare voi.

Chi vive la fede fa sentire la presenza di Dio nella propria casa, nel cuore dei propri figli, nel cuore degli amici e in ogni ambiente, vivendo la gioia, donando la gioia, insegnando la gioia che proviene dalla certezza che Dio c'è, che Io sono con voi ogni giorno, per donarvi tutto il mio amore; che Io vi seguo come il padre più amorevole segue i propri figli, e ho preparato per ognuno di voi un premio che tutte le meraviglie dell'universo sono neppure un'ombra in confronto.

Chi vive di Fede testimonia questa verità.

Questa è Fede perché questa è donazione, e questa fede vissuta vi fa essere luce.

"Chi crede in me (…) fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Gv. 7-37, 38)

Questa è Fede perché è la certezza che distingue coloro che mi conoscono dalla gente tormentata come da un complesso di inferiorità, che dubita di tutto, che affronta sempre le verità del Vangelo con tante problematiche.

Questa gente pare abbia sempre qualcosa da nascondere, come se le idee del Vangelo fossero indegne di essere manifestate alla luce, come se la mia presenza eucaristica non fosse la salvezza del mondo. Così fanno torto a se stessi per l'incoerenza in cui vivono e per la tristezza che portano in cuore, e fanno torto a Dio negandogli il diritto della loro testimonianza. Ma quel che è peggio, gli negano la Fede totale e il proprio amore e non ne possono ricevere il contraccambio.

Se oggi Io chiedo la vostra donazione, è perché il mondo, proprio oggi, più che mai ne ha bisogno. Soprattutto ha bisogno che sia proprio il generoso dono dei figli fedeli a ravvivare nelle mani del Padre la fiaccola del perdono e dell'amore...

Mentre mi adorate nell'Eucaristia, chiedete misericordia per le famiglie dove avvengono troppi scandali e per il mondo intero che "è posto nel maligno". Voi però arriverete alla donazione vera, manifestando ogni giorno la fede davanti a tutti, intensificando la preghiera cosciente e responsabile, rendendo il sacrificio quanto più possibile simile al fiat della Madre, rendendo l'azione, richiesta dall'apostolato eucaristico, penetrante e trasformante, anche se nascosta e prudente. Venite a Me, nutritevi di Me ed Io vi darò forza, coraggio e perseveranza.

"Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo otterrete". (Mt. 21- 23)

A - "Sì, Gesù, noi vogliamo seguirti, facendo quanto ci insegni. Oggi però è tanto difficile difendersi dal mondo e affrontarlo efficacemente, perché ogni giorno ci presenta nuove idee errate in maniera subdola, che ci confondono e quasi ci inducono a dargli ragione...
È più facile stare in guardia da un'eresia chiaramente pronunciata, che da certe idee presentate come parte della cultura moderna, che creano stati d'animo contrari alla fede senza che nemmeno uno se ne accorga."


R - "È la nuova arte del Maligno che sa adattare ai tempi la sua azione malefica, e intensifica la sua battaglia con le arti più subdole.

Ma non temete: egli non ha vinto le guerre anche se possiede le armi più affinate da mettere in campo.

Ora ha scatenato il vento del modernismo e della malata contestazione e dissacrazione, della negazione di tutte le verità di fede e alimenta i suoi errori con dottrine che la gente non conosce, e appunto per questo ne assimila gli elementi più comodi, più conformi al proprio modo di vivere umano, quindi più deleteri.

Ognuno si fa una religione e una morale su misura dei propri istinti e dei propri gusti, non curandosi della realtà oggettiva della Rivelazione e della Redenzione, non curandosi della sublime realtà della mia Chiesa che Io vi ho dato quale sacramento di salvezza, depositando in essa l'unica mia rivelazione destinata a salvarvi.

Si è fatto credere che ciò che più vale è esistere, è lo stare bene.

Questo ha portato a mettere in evidenza il fatto dell'esistere per se stesso, non del suo fine, non dei suoi modi. Ha esaltato il possedere, l'edonismo, e ha provocato il decadimento dei valori che erano sostenuti dall'idea del bene, del buono, dell'eterno.

Così sono emersi i fatti più penosi: l'angoscia e il nichilismo, che hanno partorito il pessimismo.

Niente più speranza, niente più visione di una vita futura che esalta, che premia, che incorona la vita terrena.

Questo perché l'uomo sarebbe azionato da due princìpi: il principio del sesso e il principio della morte, uno più macabro dell'altro.

Accettando questi princìpi si è arrivati al disprezzo di tutto e di tutti e si è contenti se si può arrivare a denigrare chiunque abbia fatto qualcosa di buono: l'autorità, i grandi nomi della storia.

Non avete più stima l'uno dell'altro per il gusto recondito di trovare in ognuno il bassofondo melmoso, senza misericordia per nessuno.

Allora anche i miei santi che sono in mezzo a voi non li riconoscete, perché il vostro occhio malato non vede la luce, il bello, la bontà, ma solo le tenebre.

Avete dimenticato che Io vi avevo detto: "Non giudicate per non essere giudicati, perché con la misura con cui giudicate sarete misurati" (Mt. 7-1,3)

Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? (…) Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello" (Mt. 7 - 3, 6)

Voi, invece, non vi amate, ma vi adirate l'uno contro l'altro, vi emarginate a vicenda e la discordia turba i vostri giorni e le vostre notti, e la pace non trova posto nelle famiglie e nel mondo.

Se avete l'abitudine mentale di sottovalutare i vostri fratelli, di attribuire ad essi sempre un'intenzione cattiva, di andare a rimescolare sempre il peggio nella loro vita, correggetevi, perché con questo piombo osceno nell'anima non vi innalzate verso l'amore, verso la bontà di cui quell'abitudine mentale è la negazione."


A - "Ecco le dottrine più diffuse dalla cultura moderna, che ci confondono e che ci causano perversioni morali che non si catalogano e sono peggiori di quelle passate.
Che cosa fare allora? "

R - "Rigeneratevi nell'acqua della semplicità, della purità e della verità che è nella parola di Dio. Rigeneratevi nel mio Vangelo; ad ogni problema rifatevi al mio Vangelo, perché non c'è altro mezzo per uscire da queste perversioni e non continuare a credersi cristiani avendo una trama di vita pagana e totalmente estranea all'autentica fede cristiana e ai suoi insegnamenti di comprensione e di amore.

"Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: sii sradicato e trasportato in mare, ed esso lo farebbe". (Lc.17 - 6) Azionate in voi il principio della fede che vi salva. Vivete la fede fino a giungere alla donazione quale espressione più viva e vibrante dell'amore verso Dio e verso i vostri fratelli.

Azionate il principio dell'amore che Io desidero far crescere in voi, e ogni volta che Mi ricevete nella Comunione donatevi totalmente a Me perché sia efficace la vostra testimonianza cristiana.

Realizzerete allora con Me il dialogo migliore, perché vi esprimerete con il linguaggio più eloquente ed incisivo, il linguaggio che esprime il dono di voi, e porterete il medesimo dialogo nelle famiglie. Non potete amarmi veramente se mi rifiutate il dono di voi.

Io vi ho dato tutto... Anche me stesso come cibo. Voi dovete darmi la vostra volontà e il vostro cuore...

Ora Io affido a voi, miei cari, un grande compito: non solo voi, ma ogni creatura che incontrate nel vostro cammino e che chiede la vostra comprensione, deve poter arrivare ad una donazione completa, costante, irreversibile alla Trinità Divina e alla Madre del Verbo e Madre dell'Eucaristia.

"In verità, in verità vi dico: Chi crede in me, farà anch'egli le opere che io compio e ne farà maggiori di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio la farò, affinché sia glorificato il Padre nel Figlio. Se mi domanderete qualcosa in mio nome, io la farò" (Gv. l -12,14)

Come Io mi dono costantemente a voi e non mi sono mai fermato davanti ai vostri peccati, alle vostre ingratitudini, alle vostre dimenticanze, ma vi ho amati nonostante tutto, così voi non dovete trovare ostacoli nel credere a me e nell'amarmi.

Non vi spaventi la pochezza del dono che voi siete coscienti di poter offrire, perché è proprio questa pochezza, è la vostra miseria, è la vostra debolezza, è la vostra incapacità di donazione totale che Io voglio, perché il cumulo di tanta pochezza lavato nel mio Sangue, bruciato nel mio amore, se non si distrugge perché inerente alla natura decaduta e colpevole, per la mia misericordia però perde le sue scorie e diventa gemma preziosa per la gloria della Trinità Divina.

Incominciate ad adempiere questo compito con le persone che amate, così il vostro amore sarà messo al riparo da ogni egoistica deviazione e la vostra fede sarà per loro insegnamento di fedeltà nel sacrificio, nella dedizione, nella rinuncia, nell'annientamento continuo. Poi portate questo spirito di donazione nelle famiglie che, oggi più che mai, hanno bisogno di staccarsi dallo spirito del mondo sempre più abbruttito nel putrido fango di tutte le colpe.

Il lavoro che deve essere fatto nelle famiglie, il lavoro necessario deve consistere nel far emergere dalla coscienza di ognuno le convinzioni maturate circa le verità contenute nel mio Vangelo.

Insegnate a guardarmi, ad ascoltarmi, a ricevermi nell'Eucaristia dopo una buona confessione, a non lasciarmi nonostante il frastuono immorale che si riversa in ogni casa...

È questo frastuono che dovete combattere. Insegnate questi precetti che Io insegno a voi, perché "chi li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli". (Mt. 5 -19)

Per le seduzioni del mondo e per l'abbandono di Me eucaristico, la famiglia umana perde sempre più il suo vero orientamento, dimentica la sua grandezza e la sua missione, non sa più quale è il suo fine ultimo.

Ed è questo il motivo del caos, dello sbandamento che porta spesso alla lotta più dolorosa, alla contestazione più amara e imprevedibile, alla divisione irreparabile. Il grande fiume dell'umanità messo da Dio nel suo giusto alveo perché vada sicuro verso il felice mare della Trinità Divina, ha bisogno di tutta la vostra fede, di tutta la vostra donazione per non continuare a rompere gli argini, invadendo, seppellendo sotto il suo putrido fango parte delle terre migliori: le famiglie ancora cristiane, ancora rispettose della sacralità del matrimonio e della vita.

Non potete rimanere inerti di fronte al rovinare di tante famiglie, ma dovete prontamente rafforzare gli argini con la donazione di tutte le vostre energie, di tutta la vostra preghiera, di tutto il vostro sacrificio e di tutto il vostro amore per Me eucaristico.

Venite a Me nell'Eucaristia per ricevere la forza d'animo e la determinazione di cui avete bisogno.

Io ho messo nel vostro cuore un grande fuoco d'amore, e voi andate avanti umilmente, nascostamente, ma ad ogni costo, ricordandovi che le contrarietà, le incomprensioni, i sacrifici, le sofferenze sono i chicchi che formano la spiga.

I chicchi saranno macinati e formeranno l'Ostia, e poi Io verrò ad abitare in voi, e si vedranno le meraviglie della Trinità Divina.

"Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita". (Gv. 8 -12)
Voi agite ed agirete umanamente, ma non dimenticate che tutto il vostro operato deve essere divinizzato.

La via per ottenere questo è il vostro abbandono sul cuore della Vergine Madre. Ella, perché Madre, è il gradino per giungere alla perfezione, è Colei che permette a tutte le cose umane della vostra vita di diventare divine perché le offre tutte a Me e fa sì che tutte le cose che sono divine scendano al vostro livello, ponendo Me nel vostro cuore.

L'umanità che è in voi, che vi circonda, che vi sommerge, continuerà a causarvi difficoltà, carenze, limitazioni, ma a tutto questo c'è una soluzione che Io ho messo accanto a voi e che si chiama: la Vergine Madre di Dio e Madre vostra.

Invocatela senza sosta, amatela con tenerezza di figli, affidate a Lei la vostra vita ed Ella vi condurrà ogni giorno a Me."

venerdì 11 marzo 2011

Brano tratto da: L'evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta - la morte di Giuseppe -

 Gesù è la pace di chi soffre e di chi muore. Vedo un interno di laboratorio da falegname. (…) Gesù lavora ad un tavolone da falegname. Sta piallando delle tavole che poi addossa al muro dietro a Sé. Poi prende una specie di sgabello, stretto a due lati in una morsa, lo libe­ra dalla stessa, guarda se il lavoro è esatto, lo squadra in tutti i sensi, poi va al camino, prende il pentolino e vi fruga dentro con un bastoncino o pennello, non so; io vedo solo la parte che sporge e che è simile a un bastoncino. Gesù è vestito di nocciola scuro e ha la tunica piuttosto corta, le maniche rimboccate oltre il gomito e una specie di grem­biule davanti, nel quale si sfrega le dita dopo aver toccato il pentolino. E' solo.

 Lavora assiduamente ma con pacatezza. Nessuna mossa disordinata, impaziente. E' preciso e continuo nel suo lavoro. Non si infastidisce di nulla, né di un nodo nel legno che non si lascia piallare, né di un cacciavite (mi pare) che gli cade due volte dal banco, né del fumo sparso che gli deve an­dare negli occhi. Ogni tanto alza il capo e guarda verso la parete sud, dove è una porta chiusa, come ascoltando. A un dato momento si affaccia, aprendo una porta che è nella parete est e che dà sul a via. Vedo uno squarcio di viuzza polverosa. Sembra che at­tenda qualcuno. Poi torna al lavoro. Non è triste, ma è serio. Rinchiude l'uscio e torna al lavoro. Mentre è occupato a fabbricare qualcosa che mi sembra­no pezzi di cerchio di ruota, entra la Mamma. Entra da una porta della parete meridionale.

 Entra affrettatamente e corre verso Gesù. E' vestita di azzurro cupo è senza nulla sul capo. Una semplice tunica, tenuta stretta alla vita da un cordone d'uguale colore. Chiama con affanno il Figlio e gli si appoggia con ambo le mani ad un braccio con mossa di supplica e di do­lore. Gesù la carezza passandole il braccio sulla spalla e la con­forta, poi si avvia con Essa lasciando subito il lavoro e levan­dosi il grembiule. Penso che lei voglia sapere anche le parole dette. Ben po­che da parte di Maria: «Oh! Gesù! Vieni, vieni. Sta male!».
Vengono dette con labbra che tremano e con un luccichìo di pianto negli occhi arrossati e stanchi. Gesù non dice che: «Mamma!» ma vi è tutto in quella parola.

Entrano nella stanza accanto, tutta ridente di sole che en­tra da una porta spalancata su un orticello pieno di luce e di verde, nel quale svolazzano dei colombi fra uno sventolìo di panni stesi ad asciugare. La stanza è povera ma ordinata. Vi è un giaciglio basso, coperto di materassini (dico materassini perché sono certe cose alte e morbide, ma non è un letto come il nostro). Su esso, appoggiato a molti cuscini, è Giuseppe. E' morente. Lo dice chiaramente il volto di un pallore livido, l'oc­chio spento, il petto anelante e l'abbandono di tutto il corpo. Maria si mette alla sua sinistra, gli prende la mano ru­gosa e livida nelle unghie, la strofina, la carezza, la bacia, gli asciuga con un pannilino il sudore che fa righe lucide alle tem­pie incavate, la lacrima che si invetra nell'angolo dell'occhio, gli bagna le labbra con un lino intinto in un liquido che pare vino bianco. Gesù si mette a destra.

Solleva con sveltezza e cura il cor­po che si affossa, lo raddrizza sui cuscini che accomoda insie­me a Maria. Carezza sulla fronte l'agonizzante e cerca di ria­nimarlo. Maria piange piano, senza rumore, ma piange. I lacrimoni rotolano lungo le guance pallide sino sulla veste azzurro cupo e sembrano zaffiri lucenti. Giuseppe si rianima alquanto e guarda fisso Gesù, gli dà la mano come per dirgli qualcosa e per avere, al contatto divino, forza nell'ultima prova. Gesù si china su quella mano e la bacia. Giuseppe sorride. Poi si volge a cercare con lo sguar­do Maria e sorride anche a Lei. Maria si inginocchia presso il letto cercando di sorridere. Ma le riesce male e curva il ca­po. Giuseppe le mette la mano sul capo con una casta carezza che pare una benedizione.

Non si sente che lo svolazzìo e il tubare dei colombi, il fru­sciare delle foglie, un chioccolìo di acqua e, nella stanza, il re­spiro del morente. Gesù gira intorno al letto, prende uno sgabello e fa sedere Maria chiamandola ancora e unicamente: «Mamma». Poi tor­na al suo posto e riprende nelle sue la mano di Giuseppe. E' così vera la scena che io piango per la pena di Maria. Poi Gesù, curvandosi sul morente, gli mormora un salmo. So che è un salmo, ma ora non posso dirle quale. Comincia così: «Proteggimi, o Signore, perché in Te ho posto la mia speranza... A pro dei santi che sono nella terra di lui ha compiuto mi­rabilmente tutti i miei desideri...Benedirò il Signore che mi dà consiglio... Io tengo sempre dinnanzi a me il Signore. Egli mi sta alla destra perché io non vacilli. Per questo si rallegra il mio cuore ed esulta la mia lingua, anche il mio corpo riposerà nella speranza.

Perché Tu non abbandonerai l'anima mia nel soggiorno dei morti, né permetterai che il tuo santo veda la corruzione. Mi farai conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia colla tua faccia.» Giuseppe si rianima tutto e con uno sguardo più vivo sorri­de a Gesù e gli stringe le dita. Gesù risponde con un sorriso al sorriso e con una carezza alla stretta, e continua dolcemente, curvo sul suo padre pu­tativo: «Quanto sono amabili i tuoi Tabernacoli, o Signore. L'anima mia si consuma di desiderio verso gli atrii del Signore. Anche il passero si trova una casa e la tortorella un nido per i suoi nati. Io desidero i tuoi altari, Signore. Beati coloro che abitano la tua casa... Beato l'uomo che trova in Te la sua forza. Egli ha disposte nel suo cuore le ascensioni dalla valle delle lacrime al luogo eletto. O Signore, ascolta la mia preghiera... O Dio, volgi il tuo sguardo e mira la faccia del tuo Cri­sto...».

Giuseppe con un singhiozzo guarda Gesù e fa il moto di par­lare come per benedirlo. Ma non può. Si comprende che capi­sce, ma ha la parola impedita. E' però felice e guarda con vi­vacità e fiducia il suo Gesù. «"O Signore"» continua Gesù. «"Tu sei stato propizio alla tua terra, hai liberato dalla schiavitù Giacobbe... Mostraci, o Signore, la tua misericordia e donaci il tuo Sal­vatore. Voglio sentire quel che dice dentro di me il Signore Iddio. Certo Egli parlerà di pace al suo popolo per i suoi santi e per chi di cuore torna a Lui.

Si, la tua salute è vicina... e la gloria abiterà sulla terra... La bontà e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate. La verità è spuntata dalla terra e la giustizia ha guardato dal Cielo. Si, il Signore si mostrerà benigno e la nostra terra darà il suo frutto. La giustizia camminerà dinnanzi a Lui e lascerà nella via le sue impronte". Tu l'hai vista quest'ora, padre, e per essa ti sei affaticato. Tu hai aiutato quest'ora a formarsi, e il Signore te ne darà premio. Io te lo dico» aggiunge Gesù, asciugando una lacri­ma di gioia che scende lenta sulla guancia di Giuseppe.

Poi riprende: «"O Signore, ricordati di Davide e di tutta la sua mansuetudine. Come egli giurò al Signore: io non entrerò dentro alla mia casa, non salirò sul letto del mio riposo, non concederò sonno agli occhi miei, non riposo alle mie palpebre, non requie alle mie tempie finché non ho trovato un posto al Signore, una di­mora per il Dio di Giacobbe... Sorgi, o Signore, e vieni al tuo riposo, Tu e l'Arca della tua santità (Maria comprende e ha uno scoppio di pianto). Sian rivestiti di giustizia i tuoi sacerdoti e faccian festa i tuoi santi.

Per amore di Davide tuo servo non negarci il volto del tuo Cristo. Il Signore ha giurato a Davide la promessa e la manterrà: 'Porrò sul tuo trono il frutto del tuo seno'. Il Signore l'ha scelta a sua dimora...Io farò fiorire la potenza di Davide preparando una fiacco­la accesa per il mio Cristo". Grazie, padre mio, per Me e per la Madre. Tu mi sei stato padre giusto, e te ha posto l'Eterno a custodia del suo Cri­sto e della sua Arca. Tu fosti la fiaccola accesa per Lui, e per il Frutto del seno santo hai avuto viscere di carità. Va' in pa­ce, padre. La Vedova non sarà senza aiuto. Il Signore ha pre­disposto perché sola non sia. Vai sereno al tuo riposo. Io te lo dico».

Maria piange col volto curvo sulle coperte (sembrano man­telli) stese sul corpo di Giuseppe, che si raffredda. Gesù affret­ta i suoi conforti, perché l'anelito si fa più affannoso e lo sguar­do torna a velarsi. «Felice l'uomo che teme il Signore e pone nei suoi co­mandamenti ogni diletto... La giustizia di lui rimane nei secoli dei secoli. Fra gli uomini retti sorge fra le tenebre come luce il mise­ricordioso, il benigno, il giusto... Il giusto sarà ricordato in eterno... La sua giustizia è eter­na, la sua potenza si alzerà fino alla gloria... Tu l'avrai questa gloria, padre. Presto verrò a trarti, coi Patriarchi che ti hanno preceduto, alla gloria che ti attende. Esulti il tuo spirito nella mia parola. "Chi riposa nell'aiuto dell'Altissimo vive sotto la protezione del Dio del Cielo. Tu vi sei, padre mio. "

Egli mi liberò dal laccio dei cacciatori e dalle aspre parole. Ti coprirà colle sue ali e sotto alle sue penne troverai rifugio. La sua verità ti circonderà come scudo, non temerai i not­turni spaventi... Non si avvicinerà a te il male... perché ai suoi angeli ha dato l'ordine di custodirti in tutte le tue vie. Ti porteranno sulle loro palme, affinché il tuo piede non urti nei sassi. Camminerai sopra l'aspide e il basilisco e calpesterai il dra­gone e il leone. Perché hai sperato nel Signore, Egli ti dice, o padre, che ti libererà e ti proteggerà. Perché hai alzato a Lui la tua voce ti esaudirà, sarà teco nella tribolazione ultima, ti glorificherà dopo questa vita, fa­cendoti vedere già da questa la sua Salvezza",

e nell'altra fa­cendoti entrare, per la Salvezza che ora ti conforta e che pre­sto, oh!, presto verrà, te lo ripeto, a cingerti di un abbraccio divino e a portarti Seco, alla testa di tutti i Patriarchi, là dove è preparata la dimora del Giusto di Dio che mi fu padre be­nedetto. Precedimi per dire ai Patriarchi che la Salvezza è nel mon­do e il Regno dei Cieli presto sarà a loro aperto. Va', padre. La mia benedizione ti accompagni». La voce di Gesù si è elevata per giungere alla mente di Giuseppe, che sprofonda nelle nebbie della morte. La fine è imminente. Il vecchio ansima a fatica. Maria lo carezza, Gesù si siede sulla sponda del lettuccio e cinge e attira a Sé il mo­rente, che si accascia e si spegne senza sussulti. La scena è piena di una pace solenne. Gesù riadagia il Pa­triarca e abbraccia Maria, che in ultimo si era avvicinata a Gesù nello strazio che la angosciava.

Dice Gesù: «A tutte le mogli che un dolore tortura, insegno ad imita­re Maria nella sua vedovanza: unirsi a Gesù. Quelli che pensano che Maria non abbia sofferto per le pe­ne del cuore, sono in errore. Mia Madre ha sofferto. Sappiatelo. Santamente, perché tutto in Lei era santo, ma acutamente. Coloro che pensano che Maria amasse di un amore tiepido lo sposo, poiché le era sposo di spirito e non di carne, sono pa­rimenti in errore. Maria amava intensamente il suo Giusep­pe, al quale aveva dedicato sei lustri di vita fedele.

Giuseppe le era stato padre, sposo, fratello, amico, protettore. Ora Ella si sentiva sola come tralcio di vite al quale viene segato l'albero a cui si reggeva. La sua casa era come colpita dal fulmine. Si divideva. Prima era una unità in cui i membri si sostenevano a vicenda. Ora veniva a mancare il muro mae­stro, primo dei colpi inferti a quella Famiglia, segnacolo del prossimo abbandono del suo amato Gesù.

La volontà dell'Eterno, che l'aveva voluta sposa e Madre, ora le imponeva vedovanza e abbandono della sua Creatura. Maria dice fra le lacrime uno dei suoi sublimi "Si". "Sì, Si­gnore, si faccia di me secondo la tua parola". E, per aver for­za in quell'ora, si stringe a Me. Sempre si è stretta a Dio, Maria, nelle ore più gravi della sua vita. Nel Tempio chiamata alle nozze, a Nazareth chia­mata alla Maternità, ancora a Nazaret fra le lacrime della ve­dovanza, a Nazaret nel supplizio del distacco dal Figlio, sul Calvario nella tortura del vedermi morire. ìmparate, voi che piangete.

E imparate voi che morite. Imparate voi, che vivete per morire. Cercate di meritare le pa­role che dissi a Giuseppe. Saranno la vostra pace nella lotta della morte. Imparate, voi che morite, a meritare d'aver Gesù vicino, a vostro conforto. E, se anche non l'avete meritato, osate ugualmente di chiamarmi vicino. Io verrò. Le mani piene di grazie e di conforti, il cuore pieno di perdono e d'amore, le lab­bra piene di parole di assoluzione e di incoraggiamento. La morte perde ogni asprezza se avviene fra le mie brac­cia. Credetelo. Non posso abolire la morte, ma la rendo soave a chi muore fidando in Me. Il Cristo l'ha detto per tutti voi, sulla sua Croce: "Signore, confido a Te lo spirito mio".

 L' ha detto pensando, nella sua, alle vostre agonie, ai vostri terrori, ai vostri errori, ai vostri timori, ai vostri desideri di perdono. L'ha detto col cuore spac­cato di strazio, prima che per la lanciata, e strazio spirituale più che fisico, perché le agonie di coloro che muoiono pensan­do a Lui fossero addolcite dal Signore e lo spirito passasse dal­la morte alla Vita, dal dolore al gaudio, in eterno. Questa, piccolo Giovanni, la lezione di oggi. Sii buona e non temere. La mia pace rifluirà in te sempre, attraverso la parola e attraverso la contemplazione. Vieni. Fa' conto d'es­sere Giuseppe, che ha per guanciale il petto di Gesù ed ha per infermiera Maria. Riposa fra noi come un bambino nella cu­na».