Visualizzazione post con etichetta Gesù Bambino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Gesù Bambino. Mostra tutti i post

giovedì 23 dicembre 2010

Tu ci cerchi - dal'epistolario di Padre Pio

Tu lasci la tua celeste reggia.
per venire in cerca della traviata pecorella.

Ti manifesti ad essa,
e con impulsi della tua grazia
incessantemente la chiami,
ne muovi il cuore verso di te,
affinché a te d'appresso ti conosca,

ti ami, ti adori.

Hai tu forse bisogno di essa
per essere pienamente felice
nel tuo Paradiso?

No, è la tua sola bontà
che ti piega verso di essa,
è il tuo amore, che ama spandersi
e conquistarla per renderla felice

di quella stessa felicità
di cui tu ne sei ripieno.

O Gesù,

noi siamo un brutto nulla,
e tu ci cerchi proprio per questo:

per darci l'essere tuo divino,

mediante l'operazione
e la comunicazione della tua grazia.

O Gesù,
E chi potrà resisterti?

Lascia che povero, quale io mi
sono, ti chiegga tutto quello che mi
bisogna. per piacere a te,

che sia di te, che dia gusto a te.

Dammi e conservami quella fede viva
che mi faccia credere ed operare
per tuo solo amore.

È questo il primo dono che ti presento

ed unito ai santi magi,
ai tuoi piedi prostrato,
ti confesso senza alcun rispetto umano
dinanzi al mondo iutiero

per vero e unico nostro Dio.

(Epist. IV 884)

«Comprenderai perché l'anima che ha scelto il divino amore non può rimanersene egoista nel Cuore di Gesù, ma si sente ardere anche ella carità verso i fratelli, che spesso fa spasimare l'anima.

Ma come mai può avvenire tutto questo?! Non è difficile intenderlo, perché non vivendo più l'anima della propria vita, ma vivendo di Gesù che vive in lei, deve sentire, volere e vivere degli stessi senti­menti, voleri e vita di chi vive in lei. E tu, o mia direttissima figliuola, benché tardi l’hai appreso, sai, dico, da quali sentimenti e da quali voleri era ed è animato il Cuore di questo divin Maestro per Iddio e per l'umanità.

Spasimi pure la tua anima per Iddio e per i fratel­li che non vogliono saperne di lui, perché c'è il sommo gradimento di lui. Vivi tranquilla e sia in pace la tua amarezza».

(Epist. 111, 962-963)

lunedì 20 dicembre 2010

Novena di Natale
Eccessi d’amore di Gesù Bambino


Dagli Scritti di Luisa Piccarreta

Luisa: "Con una novena del Santo Natale circa l’età di diciassette anni, mi preparai alla festa del Santo Natale praticando diversi atti di virtù e mortificazione, e specialmente onorando i nove mesi che Gesù stette nel seno materno con nove ore di meditazione al giorno, appartenente sempre al mistero dell’incarnazione."


PRIMO ECCESSO D’AMORE

Come per esempio, in un ora mi portavo col pensiero nel paradiso e mi immaginavo la Santissima Trinità. Il Padre che mandava il Figlio sulla terra, il Figlio che prontamente ubbidiva al Volere del Padre, lo Spirito Santo che vi consentiva. La mia mente si confondeva nel mirare un sì grande mistero, un amore sì reciproco, sì uguale, sì forte tra Loro e verso degli uomini; e poi, l’ingratitudine degli uomini e specialmente la mia. Che vi sarei stato non un’ora ma tutto il giorno, ma d’una voce interna che mi diceva: "Basta, vieni e vedi altri eccessi più grandi del mio amore."


SECONDO ECCESSO

Quindi la mia mente si portava nel seno materno, e rimaneva stupita nel considerare quel Dio sì grande nel Cielo, ora così annichilito, impicciolito, ristretto, che non poteva muoversi, e quasi neppure respirare. La voce interna che mi diceva: "Vedi quanto ti ho amato? Deh! dammi un po’ di largo nel tuo cuore, togli tutto ciò che non è mio, che così mi darai più agio a potermi muovere ed a farmi respirare."
Il mio cuore si struggeva, gli chiedevo perdono, promettevo d’essere tutta sua, mi sfogavo in pianto, ma però, lo dico a mia confusione, che ritornavo ai miei soliti difetti. Oh Gesù quanto siete stato buono con questa misera creatura!


TERZO ECCESSO

Dalla seconda meditazione passavo alla terza, e una voce interna mi diceva: "Figlia mia, poggia la tua testa sul seno della mia Mamma, guarda fin dentro di esso la mia piccola Umanità, il mio amore mi divorava, gli incendi, gli oceani, i mari immensi dell’amore della mia Divinità m’inondavano, m’incenerivano, alzavano tanto le sue vampe che si alzavano e si estendevano ovunque, a tutte le generazioni, dal primo all’ultimo uomo, e la mia piccola Umanità era divorata in mezzo a tante fiamme, ma sai tu, il mio eterno amore che cosa mi vuol far divorare?

Ah! le anime! Ed allora fui contento quando le divorai tutte, restando con Me concepite, ero Dio, dovevo operare come Dio, dovevo prendere tutte, il mio amore non mi avrebbe dato pace se escludessi qualcuna. Ah! figlia mia, guarda bene nel seno della mia Mamma, fissa bene gli occhi nella mia Umanità concepita e vi troverai l’anima tua concepita con Me, le fiamme del mio amore che ti divorarono. Oh! quanto ti ho amato e ti amo!

Io mi sperdevo in mezzo a tanto amore, ne sapeva uscirmene, ma una voce mi chiamava forte dicendomi: "Figlia mia, ciò e nulla ancora, stringiti più a me, dà le tue mani alla mia cara Mamma affinché ti tenga stretta sul suo seno materno, e tu dà un altro sguardo alla mia piccola Umanità concepita e guarda il quarto eccesso del mio amore."


QUARTO ECCESSO

"Figlia mia, dall’amore divorante passa a guardare il mio amore operante. Ogni anima concepita mi portò il fardello dei suoi peccati, delle sue debolezze e passioni, ed il mio amore mi comandò di prendere il fardello di ciascuno e non solo le anime concepì, ma le pene di ciascuna, le soddisfazioni che ogn’una di esse doveva dare al mio Celeste Padre. Sicché la mia passione fu concepita insieme con Me. Guardami bene nel seno della mia Celeste Mamma. Oh! come la mia piccola Umanità era straziata, guarda bene come la mia piccola testolina è circondata da un serto di spine, che cingendomi forte le tempie mi fanno mandare fiumi di lacrime dagli occhi, ne potevo muovermi per asciugarle.

 Deh! muoviti a compassione di Me, asciugami gli occhi dal tanto piangere, tu che hai le braccia libere per potermelo fare, queste spine sono il serto dei tanti pensieri cattivi che si affollano nelle menti umane, oh! come mi pungono più delle spine che germoglia la terra, ma guarda ancora che lunga crocifissione di nove mesi, non potevo muovere né un dito, né una mano, né un piede, ero qui sempre immobile, non c’era posto per potermi muovere un tantino, che lunga e dura crocifissione coll’aggiunto che tutte le opere cattive prendendo forma di chiodi, mi trafiggevano mani e piedi ripetutamente e così."

 E così continuava a narrarmi pene per pene, tutti i martiri della sua piccola Umanità, che volerle dire tutte sarei troppo lungo. Ond’io mi abbandonavo al pianto, mi sentivo dire nel mio interno: "Figlia mia, vorrei abbracciarti ma non lo posso, non c’è lo spazio, sono immovile, non lo posso fare; vorrei venire a te, ma non posso camminare. Per ora abbracciami e vieni tu a Me, poi quando uscirò dal seno materno verrò Io a te." Ma mentre con la mia fantasia me l’abbracciavo, me lo stringevo forte al mio cuore, una voce interna mi diceva: "Basta per ora figlia mia, e passa a considerare il quinto eccesso del mio amore."


QUINTO ECCESSO

Onde la voce interna seguiva: "Figlia mia, non ti scostare da Me, non mi lasciare solo, il mio amore vuole la compagnia, un altro eccesso del mio amore che non vuole essere solo. Ma sai tu con chi vuol essere in compagnia? Della creatura. Vedi, nel seno della mia Mamma, insieme con Me ci sono tutte le creature, concepite insieme con Me. Io sto con loro tutto amore, voglio dirle quanto le ami, voglio parlare con loro per dirle le mie gioie ed i miei dolori, che sono venuto in mezzo a loro per renderle felice, per consolarle, che starò in mezzo a loro come un loro fratellino dando a ciascuna tutti i miei beni, il mio regno a costo della mia morte.

 Voglio darle i miei baci, le mie carezze; voglio trastullarmi con loro, ma, ahi quanti dolori mi danno! chi mi fugge, chi fa il sordo e mi riduce al silenzio, chi disprezza i miei beni e non si curano del mio regno e ricambiano i miei baci e carezze con la non curanza e dimenticanza di Me, ed il mio trastullo lo convertono in amaro pianto. Oh! come son solo, eppure in mezzo a tanti. Oh! come mi pesa la mia solitudine, non ho a chi dire una parola, con chi fare uno sfogo, neppure d’amore; sono sempre mesto e taciturno, perché se parlo non sono ascoltato.

 Ah! figlia mia, ti prego, ti supplico non mi lasciare solo in tanta solitudine, dammi il bene di farmi parlare coll’ascoltarmi, presta orecchio a miei insegnamenti, Io sono il maestro dei maestri. Quante cose voglio insegnarti! Se tu mi darai ascolto mi farai cessare da piangere e mi trastullerò con te. Non vuoi tu trastullarti con Me? E mentre mi abbandonavo in Lui compatendolo nella sua solitudine, la voce interna seguiva: "Basta, basta, e passa a considerare il 6º eccesso del mio amore."


SESTO ECCESSO

"Figlia mia, vieni, prega la mia cara Mamma che ti faccia un po’ di posticino nel suo seno materno, affinché tu stessa vedi lo stato doloroso in cui mi trovo." Onde mi pareva col pensiero che la nostra Regina Mamma per contentare a Gesù, mi faceva un po’ di posto e mi metteva dentro. Ma era tale e tanta l’oscurità che non lo vedevo, solo sentivo il suo respiro e Lui nel mio interno seguiva a dirmi: "Figlia mia, guarda un altro eccesso del mio amore. Io sono la luce eterna, il sole è un’ombra della mia luce, ma, vedi dove mi ha condotto il mio amore, in che oscura prigione Io sono?

 Non c’è uno spiraglio di luce, è sempre notte per Me, ma notte senza stelle, senza riposo, sempre desto, che pena! la strettezza della prigione, senza potermi menomamente muovere, le fitte tenebre; anche il respiro, respiro per mezzo del respiro della mia Mamma, oh! come è stentato. E poi, aggiungi le tenebre delle colpe delle creature, ogni colpa era una notte per Me, che unendosi insieme formavano un abisso d’oscurità senza sponde. Che pena! oh eccesso del mio amore, farmi passare d’una immensità di luce, di larghezza, in una profondità di fitte tenebre e di tale strettezze fino a mancarmi la libertà del respiro, e ciò tutto per amore delle creature."

E mentre ciò diceva gemeva, quasi con gemiti soffocati per mancanza di spazio, e piangeva. Io mi struggevo in pianto, lo ringraziavo, lo compativo, volevo fargli un po’ di luce col mio amore come Lui mi diceva, ma chi può dire tutto? La stessa voce interna soggiungeva: "Basta per ora, e passa al settimo eccesso del mio amore."


SETTIMO ECCESSO

La voce interna seguiva: "Figlia mia, non mi lasciare solo in tanta solitudine ed in tanta oscurità, non uscire dal seno della mia Mamma per guardare il settimo eccesso del mio amore. Ascoltami, nel seno del mio Celeste Padre Io ero pienamente felice, non c’era bene che non possedevo, gioia, felicità, tutto era a mia disposizione, gli angeli riverenti mi adoravano e stavano ai miei cenni. Ah! l’eccesso del mio amore, potrei dire, mi fece cambiare fortuna, mi restrinse in questa tetra prigione, mi spogliò di tutte le mie gioie, felicità e beni per vestirmi di tutte le infelicità delle creature, e tutto ciò per fare il cambio, per dare la mia fortuna, le mie gioie e la mia felicità eterna a loro.

 Ma ciò sarebbe stato nulla se non avessi trovato in loro una somma ingratitudine ed ostinata perfidia. Oh! come il mio eterno amore restò sorpreso innanzi tanta ingratitudine e pianse l’ostinatezza e perfidia dell’uomo. L’ingratitudine fu la spina più pungente che mi trafisse il cuore, fin del mio concepimento fino all’ultimo del mio morire. Guarda il mio cuoricino, è ferito e sgorga sangue. Che pena! che spasimo che sento! Figlia mia, non essermi ingrata; l’ingratitudine è la pena più dura per il tuo Gesù, è il chiudermi in faccia le porte per farmi restare intirizzito di freddo. Ma a tanta ingratitudine il mio amore non si arrestò e si atteggiò ad’amore supplicante, pregante, gemente e mendicante, questo è l’ottavo eccesso del mio amore."


OTTAVO ECCESSO

"Figlia mia, non mi lasciare solo, poggia la tua testa sul seno della mia cara Mamma, che anche al di fuori sentirai i miei gemiti, le mie suppliche, e vedendo che né miei gemiti, né le mie suppliche muovono a compassione la creatura del mio amore, mi atteggio in atto del più povero dei mendichi e stendendo la mia piccola manina chiedo per pietà almeno a titolo di elemosina le loro anime, i loro affetti, ed i loro cuori. Il mio amore voleva vincere a qualunque costo il cuore dell’uomo, e vedendo che dopo setti eccessi del mio amore era restìo, faceva il sordo, non si curava di Me e né si voleva dare a Me, il mio amore si volle spingere di più, avrebbe dovuto arrestarsi, ma no, volle uscire di più dai suoi limiti, e fin dal seno della mia Mamma faceva giungere la mia voce ad ogni cuore e coi modi più insinuanti, con le preghiere più ferventi, con le parole più penetranti.

 Ma sai che gli dicevo? "Figlio mio, dammi il tuo cuore, tutto ciò che tu vuoi Io ti darò purché mi dai in cambio il cuore tuo; sono sceso dal Cielo per farne preda, deh! non me lo negare! non rendere deluso le mie speranze!" E vedendolo restìo, anzi molti mi voltavano le spalle, passavo ai gemiti, giungevo le mie piccole manine e piangendo, con voce soffocata da singhiozzi, gli soggiungevo: "Ahi! ahi! sono il piccolo mendico, neppure in elemosina vuoi darmi il cuor tuo? Non è questo un eccesso più grande del mio amore, che il Creatore per avvicinarsi alla creatura prenda la forma di piccolo bambino per non incuterli timore, e chieda almeno per elemosina il cuore della creatura, e vedendolo che non lo vuol dare, prega, geme e piange?"

 E poi mi sentivo dire: "E tu non vuoi darmi il tuo cuore? Forse anche tu vuoi che gema, preghi e pianga per darmi il tuo cuore? Vuoi negarmi la elemosina che ti chiedo?" E mentre ciò diceva sentivo come se singhiozzasse, ed io: "Mio Gesù, non piangere, vi dono il mio cuore e tutta me stessa." Onde la voce interna seguiva: "Passa più oltre, e passa al nono eccesso del mio amore."


NONO ECCESSO

"Figlia mia, il mio stato e sempre più doloroso, se mi ami, il tuo sguardo abbilo fisso in Me, per vedere se al tuo piccolo Gesù puoi apprestarlo qualche sollievo, una parolina d’amore, una carezza, un bacio, metterà tregua al mio pianto ed alle mie afflizioni. Senti figlia mia, dopo avere dato otto eccessi del mio amore, e l’uomo mi contraccambiò così malamente, il mio amore non si diede per vinto, ed all’ottavo eccesso volle aggiungere il nono, e queste furono le ansie, i sospiri di fuoco, le fiamme dei desideri che volevo uscire dal seno materno per abbracciare l’uomo, e questo riduceva la mia piccola Umanità, non ancor nata, ad una agonia tale da giungere a dare l’ultimo anelito.

E mentre stavo per dare l’ultimo respiro, la mia Divinità ch’era inseparabile con Me, mi dava dei sorsi di vita, e così riprendevo la vita per continuare la mia agonia, e ritornare di nuovo a morire. Fu questo il nono eccesso del mio amore, agonizzare e morire d’amore continuo per la creatura. Oh! che lunga agonia di nove mesi! Oh! come l’amore mi soffocava e mi faceva morire, e se non avessi tenuto la Divinità con Me, che mi ridonava la vita ogni qual volta stavo per finire, l’amore mi avrebbe consumato prima d’uscire alla luce del giorno."

 Poi soggiungeva: "Guardami, ascoltami come agonizzo, come il mio piccolo cuore batte, affanna, brucia; guardami, adesso muoio." E faceva profondo silenzio. Io mi sentivo morire, mi gelavo il sangue nelle vene e tremante gli dicevo: "Amor mio, Vita mia, non morire, non mi lasciare sola, tu vuoi amore, ed io t’amerò, non ti lascerò più, dammi le tue fiamme per poterti più amare e consumami tutta per Te."

SITO UFFICIALE: http://www.divinewill.org/Italian%20Page/it_MENU_PRINCIPALE.htm

mercoledì 15 dicembre 2010

Un regalo per Gesù Bambino

Nel pittoresco villaggio della Germania pareva fatto di marzapane: Era dicembre, e le case ave­vano il tetto coperto da un manto bianchissìmo, splendente alla tenue luce del sole d'inverno, che sembrava giocare a nascondino con le nuvole. Di notte, le palline colorate degli al­beri natalizi, il denso fumo dei cami­netti e il profumo del pane al miele facevano prender tutto un'apparen­za di sogno. Un'atmosfera di giubilo regnava nei cuori e i bambini comin­ciavano a confezionare, con le pro­prie mani, regali da offrire al Bambi­no Gesù dopo la Messa dell'aurora nella chiesa matrice.
Rudolf era il figlio maggiore di una numerosa famiglia. Aiutava la madre a coltivare l'orto ed aveva molta pratica nei lavori di campagna. In quel momento stava segando, con decisione ed energia, un grande cep­po di legno trovato nel bosco.
Un po' alla volta arrivarono i fra­telli ad aiutarlo. Insieme, decise­ro di offrire in regalo a Gesù Bam­bino una nuova culla, poiché quella del presepio della chiesa matrice era rozza e molto rovinata. Segarono, li­sciarono, batterono chiodi, levigaro­no e la ornarono con paglia e rami di pino. Il mobiletto fu presto bello e pronto, fatto con tanto amore.
Ore dopo giunse la madre, la si­gnora Gertrude. Era diventata una donna cupa dopo la morte del marito, ma la cosa peggiore era stata la sua improvvisa perdita di fede Siccome la famiglia era povera, con quattro bambini ancora piccoli, aveva bisogno di lavorare per cui lavava i panni e fa­ceva servizio in altre case per poter­li mantenere. Invece di chiedere aiu­to al Cielo, confidando nel buon Dio, che a nessuno nega la sua protezione, si ribellò per la sua situazione. 
Vedendo la culla e indovinando a cosa servi­va, fu presa dalla collera e la gettò sul fuoco del caminetto, dicendo: - Vi ho già detto che quest'anno per noi non ci sarà Natale! Cosa an­diamo a celebrare? Se il Bambino Ge­su esistesse ci aiuterebbe, oltre­tutto, non abbiamo denaro per la le­gna. Questi pezzi di legno sono venuti a proposito col freddo che fa, e noi ab­biamo bisogno di alimentare il fuoco. Con il volto scuro, se ne andò in cucina a preparare da mangiare.
I bambini cominciarono a piange­re. Franz disse a voce bassa tra i sin­ghiozzi: - Rudolf, vuol dire che... non po­tremo offrire neppure un regalo a Gesù Bambino?
- Coraggio! Penseremo, a qual­cos'altro...
Helga, la più piccina rispose: - Possiamo farGli un bel vestitino! Cercarono alcuni ritagli nella sca­tola per il cucito della madre. Ma non avevano tessuto sufficiente e ancor meno mani abili per confezio­narlo… Anette ebbe l’idea di prepa­rare biscotti e panini al miele ma la  mancanza di provviste e doti cucina­rie tolse loro la voglia di fare. Ralf pensò allora di comporre una musi­ca. Prese il suo flauto e cominciò a suonare, ma era tutto così stonato...
La signora Gertrude, attratta dal­la confusione, si diresse alla sala.
- Smettetela con questo baccano, perché i vicini fra poco vorranno sa­pere che cosa sta succedendo!
Helga, con voce tremula, ribatté: - Ma, mamma, solo la nostra fami­glia non commemorerà il Natale!...
- Questo non mi importa! Se que­sto Gesù, di cui parlate, fosse davve­ro un Dio, avrebbe già migliorato la nostra misera condizione.
Tutti rimasero molto tristi e im­bronciati. Quando la madre uscì, Franz disse ai fratelli:
- Andiamo a pregare, a chiede­re alla Madonna che ci aiuti a trova­re un regalo per il suo Divino Figlio! - E per toccare il duro cuore, di mamma... - aggiunse Ànette.
Si inginocchiarono tutti e prega­rono con molta devozione e pietà. Alcuni giorni dopo, Rudolf andò al villaggio vicino per vendere i pro­dotti coltivati nell'orto. Alla fine del lavoro, una signora, osservando la loro responsabilità e impegno, diede loro una bella rosa del suo giardino d’inverno, per far loro cosa gradita. Il volto di Rudolf si illuminò! Ec­colo il regalo per Gesù Bambino! Un fiore così bello, in pieno inver­no, era una rarità! Ritornò di corsa, per mostrare ai fratelli come la Ma­donna avesse dato ascolto alle loro preghiere. Per precauzione nascose­ro molto bene il fiore in una scatola, in modo che non fosse distrutto dal­la madre.
Giunta la vigilia di Natale, la si­gnora Gertrude decise che tutti sa­rebbero dovuti andare a letto prima delle dieci. Le altre famiglie del vil­laggio, fino ai più umili, erano tut­ti ben vestiti, contenti e pieni di ma­nicaretti. I contadini vestivano i lo­ro abiti più belli per partecipare al­la Messa dell'Aurora. Soltanto la ca­sa di Gertrude continuava ad essere triste e spenta...
Tuttavia, verso la mezzanotte, i bambini si prepararono di nascosto ed uscirono dalla finestra per anda­re in chiesa. Trasportavano con mol­ta attenzione la scatola contenente il prezioso regalo.
Giunti in chiesa, aprirono la sca­tola per dare un'occhiata e... che grande sbigottimento! La rosa era completamente appassita! E ora? Senza avere alcun'altra soluzione, decisero di dargliela lo stesso, certi che il Bambino Gesù avrebbe rico­nosciuto l'intenzione dei loro cuori.
Dopo la Messa, al suono dello Stil­le Nacht, i bambini si diressero in cor­teo al presepio per consegnare i lo­ro regali: vestitini di velluto, incenso, profumi, ogni specie di marzapane e cioccolato, ceste di frutta secca siste­mata con massima cura... Anche i figli di Gertrude si avvicinarono e, quando Rudolf aprì la scatola... Oh, prodigio! Non una,. ma cinque bellissime rose di vari colori, unite in un grazioso bou­quet da un delicato nastro di seta!
In questo stesso istante, entrò in chiesa la signora Gertrude. Senten­dosi coinvolta dall'ambiente carico di benedizione e contemplando la fede innocente dei bambini, la povera ma­dre irruppe in pianto. Tra le lacrime, si inginocchiò davanti al presepio, chiese perdono a Dio per le sue col­pe e offrì a Gesù Bambino, davanti a tutti, il suo cuore contrito e umiliato. I compaesani amavano quella si­gnora così tribolata, nonostante tutti i suoi malumori e insulti. Provavano compassione per la misera vita che conduceva e pena per le sofferenze dei suoi figli. Per questo, vedendola miracolosamente pentita, la chie­sa intera esplose in un meraviglioso canto di rendimento di grazie.
A partire da quella notte, tutto co­minciò a migliorare per quella fami­glia. Rudolf trovò un eccellente impie­go, vicino a casa. Ralf, Franz, Ànet­te e Helga crescevano dando gioia al­la buona Gertrude, la quale era dive­nuta un'affettuosa madre e servizievo­le vicina, oltre ad una delle più devote parrocchiane del villaggio. Beatriz Alves dos Santos

Preghiere a Gesù Bambino

ORAZIONE A GESU' BAMBINO di PRAGA
rivelata da Maria Santissima al V.P. Cirillo della Madre di Dio Carmelitano Scalzo 
e primo apostolo della devozione al Santo Bambino di Praga.
O Bambino Gesù, io ricorro a Voi, e Vi prego che per l'intercessione della vostra Santa Madre, vogliate assistermi in questa mia necessità (si può esporla), perché credo fermamente che la vostra Divinità mi può soc­orrere. Spero con tanta fiducia di ottenere la vostra santa grazia. Vi amo con tutto il mio cuore e con tutte le forze dell'anima mia; mi pento sinceramente dei miei peccati, e Vi supplico, o buon Gesù, a darmi la forza di trionfarne. Propongo di non più offendervi, e a Voi mi offro disposto a tutto soffrire, anziché darvi il minimo disgusto. D'ora innanzi voglio servirvi con ogni fedeltà, e, per amor vostro, o Divin Bambino, io amerò il mio prossimo come me stesso. Pargoletto onnipotente, Signore Gesù, io di nuovo Ve ne scongiuro, assistetemi in questa circostanza... Fatemi la grazia di possedervi eternamente con Maria e Giuseppe, e di adorarvi con gli Angeli santi nella Corte del Cielo. Così sia. 


PREGHIERA A GESU' BAMBINO di PRAGA
per le cause disperate
(di Mons. Janssens, Arcivescovo della Nuova Orleans)
O amatissimo Gesù, che ci amate teneramente e che formate il vostro più gran piacere nel dimorar fra noi, io benché indegnissimo di essere da Voi rimirato con amore, pure mi sento attirato a Voi, perché amate di perdonare e concedere il vostro amore. 

Tante grazie e benedizioni sono state ottenute da quelli che Vi hanno invocato con fiducia, ed io, inginocchiato in ispirito dinanzi alla vostra miracolosa Immagine di Praga, qui depongo il mio cuore, con tutte le sue domande, i suoi desideri, le sue speranze e specialmente (esporre)

Rinchiudo nel vostro piccolo, ma misericordiosissimo Cuore questa domanda. Governatemi e disponete di me e dei miei cari come piacerà alla vostra santa volontà, mentre so che non ordinate nulla che non sia pel nostro bene. 
Onnipotente ed amabile Bambino Gesù, non ci abbandonate, ma benediteci, e proteggeteci sempre. Così sia.  (Tre Gloria al Padre).  


PREGHIERA AL SANTO BAMBINO
per implorare aiuto nelle circostanze dolorose della vita
O splendore eterno del divin Padre, sospiro e conforto dei credenti, Santo Bambino Gesù, di gloria incoronato, deh! abbassa il tuo sguardo di bontà su tutti coloro che a te ricorrono fiduciosi. 

Mira quante calamità ed amarezze, quante spine e dolori intrecciano il nostro esilio. Abbi pietà di chi tanto soffre quaggiù! Pietà di coloro che piangono per qualche sventura: di coloro che languiscono e gemono su un letto di dolore: di coloro che son fatti segno d'ingiusta persecuzione: delle famiglie senza pane o senza pace: pietà infine di tutti quelli che, nelle varie prove della vita, in te fidenti, implorano il tuo soccorso divino, le tue celesti benedizioni. 

O Santo Bambino Gesù, in te solo l'anima nostra, trova il vero conforto! Da te solo si può attendere la tranquillità interiore, quella pace che allieta e conforta. 

Volgi, o Gesù, sopra di noi il tuo sguardo pietoso; mostraci il tuo sorriso divino; alza la tua destra soccorritrice; e allora, per quanto amare possano essere le lacrime di questo esilio, si muteranno in una rugiada di consolazione! 

O Santo Bambino Gesù, conforta ogni cuore afflitto, e a noi dona tutte le grazie di cui abbiamo bisogno. Così sia.  


PREGHIERA AL BAMBIN GESU'
(di Padre Cirillo, OCD)

O Gesù, che hai voluto farti bambino, mi avvicino a te con fiducia. 
Credo che il tuo amore premuroso prevenga ogni mia necessità, e anche per l'intercessione della tua santa Madre, tu possa veramente venire incontro a ogni mia necessità, spirituale e materiale, se ti prego secondo la tua volontà. 
Ti amo con tutto il cuore e con tutte le forze del mio animo. 
Ti chiedo perdono se la mia debolezza mi induce al peccato. 
Ripeto con il tuo vangelo:  Signore, se tu vuoi puoi guarirmi. 
A te lascio decidere il come e il quando. 
Sono disposto anche ad accettare la sofferenza, se questa è la tua volontà, ma aiutami a non indurirmi in essa, rendendola infruttuosa. 
Aiutami a essere servitore fedele, e ad amare, per amor tuo, divino Bambino, il mio prossimo come me stesso. 
Bambino onnipotente, ti prego con insistenza di assistermi in questo momento, nella mia attuale circostanza. Donami la grazia di rimanere in te, di essere posseduto e possederti interamente, con i tuoi genitori, Maria e Giuseppe, nella lode eterna dei tuoi celesti servitori. Amen.

PREGHIERA DELL'AMMALATO
AL BAMBIN GESU'

 O caro e dolce Bambino Gesù, ecco un povero sofferente che, sorretto dalla più viva fede, caldamente invoca il tuo divino aiuto a rimedio delle sue infermità. 

In Te ripongo tutta la mia fiducia. So che Tu puoi tutto, e che sei tanto misericordioso, anzi la stessa misericordia infinita. 

Grande Piccino, per la tua virtù divina, per l'immenso amore che porti ai sofferenti, agli afflitti, a tutti i bisognosi, ascoltami, benedicimi, soccorrimi, consolami. Amen. 

(Tre Gloria al Padre) 

PREGHIERA DELLO STUDENTE
a GESU' BAMBINO di PRAGA
O Bambino Gesù, eterna ed incarnata Sapienza, che dalla tua soave immagine di Praga dispensi a tutti generosamente le tue grazie, e in particolare alla gioventù studiosa che a te si affida, deh, volgi benigno lo sguardo sopra di me che t'invoco a protezione dei miei studi. 

Tu, Uomo Dio, sei il Signore della scienza, la fonte dell'ingegno e della memoria: vieni dunque in soccorso alla mia debolezza. Illumina la mia mente, rendendomi facile l' acquisto della verità e del sapere; rafforzami la memoria perché possa ritenere quanto ho appreso; nei momenti difficili sii tu mia luce, sostegno e conforto. 

Dal tuo divìn Cuore imploro la grazia di adempiere fedelmente tutti i miei doveri di studio, e di trarne i migliori frutti, per avere poi la gioia di felici scrutinii, e in partìcolar modo una buona promozione. Io ti prometto, anche per meritare le grazie invocate, di essere fedele in tutti i miei doveri cristiani e di amarti sempre più. 

O dolce Bambino di Praga, custodiscimi ogni giorno sotto il provvido tuo manto, e guidami soprattutto, oltre che nell'ascesa del sapere, sulla via dell'eterna salvezza. Così sia. 

martedì 14 dicembre 2010

O celeste bambino - di PadrePio

Quale riconoscenza, o Dio,
non ti dovremmo?
Di quale amore non dovrebbe bruciare per te
il nostro cuore!...

Con quel fuoco d'amore
dovremmo riscaldare
quelle tremanti tue tenere membra...

Le tue tenerezze conquidano il mio
cuore e resti preso dal tuo amore,
o celeste Bambino.

Lascia che al contatto del tuo fuoco
l'anima mia si liquefaccia per amore
ed il tuo fuoco mi consumi,

mi bruci,
m'incenerisca qui ai tuoi piedi
e resti liquefatto per amore

e magnifichi la tua bontà
e la tua carità.

(Epist. IV 871-872)


Lettera dall'epistolario di Padre Pio

«Il celeste Bambino sia sempre in mezzo ai vostri cuori, li regga, l'illumini, li vivifichi, li trasformi nel­l'eterna carità. Questo fu l'augurio affettuoso e sin­cero che inviai di lontano a voi tutti, nella notte feli­cissima, del santo Natale. Questo pure fu il voto cordialissimo che feci per voi in quella beatissima notte alla grotta del divino Infgante, riprendendo per altre volte nel santo sacrificio della messa. Ma questo voto e questo augurio l'andrò assidua­mente ripetendoli innanzi a Gesù in tutte le mie povere e deboli preghiere sì, ma pure assidue, finché io avrò vita.

Accettateli dunque questo voto e questo augurio come la più bella espressione del cuore di chi sinceramente vi ama con paterna e fraterna tenerezza nelle viscere amorosissime di nostro Signore Gesù Cristo. Accettate pure questo mio voto e questo mio augurio come una minima parte di compenso di tutto ciò che avete fatto per me.

Vorrei ancora offrirvi di più innanzi a Gesù, ma... non ci ho altro. Pazienza. Gesù vi compenserà di tutto ed a cento doppi».

(Epist. III, 833)

domenica 12 dicembre 2010

Felicissima notte

Tratto da: “Il settimanale di Padre Pio”

Il Natale era per Padre Pio la festa più sentita: in quei giorni si mostrava profon­damente commosso ed an­sioso di celebrare la Nasci­ta di Gesù Bambino, da­vanti alla cui statua ama­va sostare in estatica pre­ghiera, coinvolgendo in quel clima di magico rac­coglimento e di trepidante attesa tutti i fedeli.

Tutti coloro che hanno cono­sciuto Padre Pio e sono vis­suti accanto a lui, confratelli e figli spirituali, sono concordi nel sostenere che il Natale era la fe­sta liturgica che più sentiva e al­la quale si preparava sempre con un'attenzione straordinaria per celebrarla con un trasporto che incantava, fin da giovane e tanto più, poi, da sacerdote.

Una preziosa testimonianza a tal riguardo ci viene fornita da padre Ignazio da Ielsi, superiore del convento di San Giovanni Rotondo dal 1922 al 1925, quan­do cioè Padre Pio era giovane e aveva da poco ricevuto le stig­mate; nel suo Diario egli scrisse: «È inutile dire con quanta pas­sione Padre Pio celebra il Nata­le. Sempre vi pensa e conta i giorni che lo separano da un Na­tale all'altro sin dal giorno dopo. Gesù Bambino per lui è un'attra­zione specialissima. Basta senti­re il suono di una pastorale, del­la "Ninna nanna" per sollevare lo spirito su, su, tanto che a guar­darlo sembra in estasi».

Nella notte della Natività egli sembrava fuori di sé dall'e­mozione e spesso i suoi occhi si riempivano di lacrime. A tal ri­guardo, padre Gerardo di Flume­ri, in un articolo apparso su Voce di Padre Pio n. 12 del 1981, scri­ve: «L'espressione di attesa, che era in tutta la sua persona, mi è impressa nella memoria. Come pure indelebile è nella mia men­te il suo profondo raccoglimento e la sua estatica preghiera. Ma soprattutto è ancora vivo davanti ai miei occhi il colore delle sue guance arrossate, quando il canto del Te Deum diede l'annunzio della nascita del Salvatore».

Dopo la recita dell'Ufficio divino Padre Pio, indossato il piviale bianco intessuto d'oro, incensava la statuina di Gesù Bambino posta in una culletta tutta ornata di trine e merletti e, preceduto dai frati osannanti con ceri in mano, la portava in processione, dal coro all'altare e dall'altare al Presepe. Stringen­do a sé la piccola culla, con un volto raggiante e luminoso e le labbra atteggiate a sorrisi di Cielo, passava tra due ali di fol­la, lieta e chiassona. Allora le mani di tutti si protendevano a toccare il Bambinello: mani delicate di bimbi innocenti, ma­ni gentili di donne devote, mani incallite di operai dei campi, e tutti imprimevano i loro baci de­voti sulle ginocchia o sui piedi­ni di Gesù Bambino.

Arrivati all'altare maggiore, collocata la statuina del Bambino Gesù al di sopra del Tabernacolo, ai piedi del Crocifisso, iniziava la Mes­sa, la meravigliosa Santa Messa In nocte nativitatis Domini, che rimaneva indimenticabile per tutti coloro che avevano la for­tuna di assistervi. «Eravamo tut­ti presi - scrive, infatti, padre di Flumeri - dall'alone di spiritua­lità che emanava dalla persona del venerato Padre. E la pre­ghiera era più sentita e più fer­vorosa, ricolma di una indicibile gioia spirituale. Il cuore godeva per la nascita del Bambino divi­no e per la vicinanza di colui che, nel profondo dell'anima, ri­tenevamo [...] uno spirito eletto, dotato di speciali carismi divi­ni». Dall'altare, poi, con voce tremula per l'emozione, con le sue mani piagate, il Padre solle­vava la culletta con Gesù Bam­bino e, disegnando con essa nel­l'aria un segno di croce, impar­tiva a tutti la sua benedizione.

Quando, poi, le condizioni di salute non gli permettevano di presiedere alla cerimonia, il Pa­dre seguiva le celebrazioni dal matroneo e lì attendeva con an­sia che i confratelli gli portasse­ro la statua del Bimbo Gesù da baciare. I confratelli ricordano anche che Padre Pio voleva che il Presepe fosse allestito di fron­te al confessionale per poterlo vedere mentre confessava, e per tutto il tempo che restava lì te­neva sempre lo sguardo rivolto alla statuetta del Bambino Gesù. I sentimenti che gli affolla­vano il cuore in quella Notte Santa neppure il Padre riusciva a descriverli, come si evince da una lettera indirizzata a padre Agostino da San Marco in La­mis:

«Il celeste Bambino - scri­ve - faccia sentire anche al vo­stro cuore tutte quelle sante emozioni che fece sentire a me nella beata notte allorché venne deposto nella povera capannuc­cia! Oh Dio, padre mio, non sa­prei esprimervi tutto quello che sentii nel cuore in questa felicis­sima notte. Mi sentivo il cuore traboccante di un santo amore verso il nostro Dio umanato. [...] Io non saprei ridirvi tutto ciò che avvenne in me in questa notte, passata tutta in piedi, sen­za aver chiuso un occhio» (Epi­stolario I, 981).

E sostando esta­tico davanti al Presepe, in una Notte Santa, Padre Pio scrisse con infuocati accenti: «Quali e quanti non sono, o cristiani, gl'insegnamenti che si partono dalla grotta di Betlemme! [...] Povertà, umiltà, abiezione, dis­prezzo, circondano il Verbo fatto carne; ma noi, dall'oscurità in cui questo Verbo fatto carne è avvolto, comprendiamo una co­sa, udiamo una voce, intravedia­mo una sublime verità: tutto questo l'hai fatto per amore, e non c'inviti che all'amore, non ci parli che di amore, non ci dai che prove di amore» (Epistolario IV, pp, 0)7-1009).

Gesù Bambino ricambiò l'amore di questo suo figlio in una maniera tutta singolare; in­fatti, più volte il Bambinello Di­vino gli apparve ed egli poté stringerlo tra le sue braccia e co­prirlo di teneri baci. La prima apparizione, molto suggestiva e bella, avvenuta il 20 settembre 1919, ebbe come testimone pa­dre Raffaele da Sant'Elia a Pia­nisi, il quale racconta in un suo manoscritto: «Dormivo in una cella angusta, quasi di fronte a quella n. 5, dove dimorava Padre Pio. La notte dal 19 al 20 non potevo prendere sonno. Non so il perché, forse il caldo, verso mezzanotte, mi levo dal letto quasi spaventato. Il corridoio era nella oscurità, rotta solo dalla lu­ce incerta di un lumicino a pe­trolio. Mentre stavo sull'uscio per uscire, ecco che passa Padre Pio, tutto luminoso, con Bambino sulle braccia, andava a lenti passi e mormorava preghiere. Passa davanti a me, tutto raggiante di luce, enon si accorge della mia presenza».

 Il racconto dell’apparizione del 24 dicemnbre 1922, invece è dovuto a Lucia Iadanza figlia spirituale di Padre Pio, che quell’anno volle passare la Vigilia di Natale vicino al Padre. «Quella sera - riporta fra Modestino - faceva freddo ed i frati avevano portato in sagrestia un braciere di fuoco. Accanto a questo braciere, con altre tre donne, Lucia aspettava la mezzanotte per assistere alla Messa che Padre Pio doveva ce­lebrare. Le tre donne comincia­rono a sonnecchiare, mentre lei continuò a recitare il Santo Ro­sario. Dalla scala interna della sagrestia, scese Padre Pio e si fermò vicino alla finestra. Ad un tratto, in un alone di luce, appar­ve Gesù Bambino e si fermò tra le braccia di Padre Pio, il cui volto divenne tutto raggiante. Quando la visione scomparve, il Padre si accorse di Lucia, sveglia, lo stava fissando attonita. Le si avvicinò e chiese: "Lucia, che hai visto?". Lucia rispose: "Padre, ho visto tutto". Padre Pio allora l'ammonì severo: "Non dir nulla a nessuno"».

Se il Bimbo Gesù era per Padre Pio il Re del suo cuore, che cosa era Padre Pio per Gesù Bambino? Egli stesso ce lo dice in una lettera a padre Agostino: «Io sono il trastullo di Gesù Bambino, come lui spesso mi ri­pete ma quello che è peggio, Ge­sù ha scelto un balocco di nes­sun valore. Mi dispiace solo che questo balocco da lui prescelto imbratta le sue divine manine. Mi dice il pensiero che qualche giorno mi butterà in un fosso per non più scherzarvi. Ne godrà, non merito altro che questo» (Epistolario I, p. 331). Meravi­gliosa umiltà che lo rese degno di sì grandi e tanti favori da par­te del celeste Divin Pargoletto!

E noi, con quali sentimenti stiamo vivendo il Santo Natale? Che cosa stiamo chiedendo in dono al Bimbo Gesù? «Oh come deve sentirsi acceso il cuore di amore per colui che tutto tene­rezza si è fatto per noi! Oh come dovremmo ardere del desiderio di condurre il mondo tutto a quest'umile grotta [...]» (Epi­stolario IV, p. 1007-1009), ci ammonisce il Padre e «Chiedia­mo a questo divin Bambino - ci suggerisce ancora - di rivestirci di umiltà, perché solo con que­sta virtù possiamo gustare que­sto mistero ripieno di divina tenerezza»­.