sabato 11 settembre 2010

Brano tratto da: L'evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta - nascita di Maria-



Dice il Signore Gesù:
«Sorgi e ti affretta, piccola amica. Ho ardente desiderio di portarti con Me nell'azzurro paradisiaco della contemplazio­ne della Verginità di Maria. Ne uscirai con l'anima fresca co­me fossi tu pure testé creata dal Padre, una piccola Eva che ancora non conosce carne. Ne uscirai con lo spirito pieno di luce, perché ti tufferai nella contemplazione del capolavoro di Dio. Ne uscirai con tutto il tuo essere saturo d'amore, perché avrai compreso come sappia amare Dio. Parlare del concepi­mento di Maria, la Senza Macchia, vuol dire tuffarsi nell'az­zurro, nella luce, nell'amore.

Vieni e leggi le glorie di Lei nel Libro dell'Avo: "Dio mi possedette all'inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la creazione. Ab aeterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra, non erano ancora gli abissi ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti dell'acque rigurgitavano ed i monti s'erano eretti nella loro grave mole, né le colline eran monili al sole, che io ero partorita. Dio non aveva ancora fatto la terra, i fiumi e i cardini del mondo, ed io ero. Quando pre­parava i cieli io ero presente, quando con legge immutabile chiuse sotto la volta l'abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissava al ma­re i suoi confini e dava leggi alle acque, quando dava legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fon­damenti della terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose. Sem­pre nella gioia scherzavo dinanzi a Lui continuamente, scher­zavo nell'universo...".

Le avete applicate alla Sapienza, ma parlan di Lei: la bella Madre, la santa Madre, la vergine Ma­dre della Sapienza che Io sono che ti parlo. Ho voluto che tu scrivessi il primo verso di questo inno in capo al libro che parla di Lei, perché fosse confessata e nota la consolazione e la gioia di Dio; la ragione della sua costante, perfetta, intima letizia di questo Dio uno e trino, che vi regge e ama e che dall'uomo ebbe tante ragioni di tristezza; la ra­gione per cui perpetuò la razza anche quando, alla prima pro­va, s'era meritata d'esser distrutta; la ragione del perdono che avete avuto. Aver Maria che lo amasse. Oh! ben meritava creare l'uo­mo, e lasciarlo vivere, e decretare di perdonarlo, per avere la Vergine bella, la Vergine santa, la Vergine immacolata, la Ver­gine innamorata, la Figlia diletta, la Madre purissima, la Sposa amorosa! Tanto e più ancora vi ha dato e vi avrebbe dato Id­dio pur di possedere la Creatura delle sue delizie, il Sole del suo sole, il Fiore del suo giardino. E tanto vi continua a dare per Lei, a richiesta di Lei, per la gioia di Lei, perché la sua gioia si riversa nella gioia di Dio e l'aumenta a bagliori che empiono di sfavillii la luce, la gran luce del Paradiso, ed ogni sfavillìo è una grazia all'universo, alla razza dell'uomo, ai beati stessi, che rispondono con un loro sfavillante grido di alleluia ad ogni generazione di miracolo divino, creato dal desiderio del Dio trino dì vedere lo sfavillante riso di gioia della Vergine.

Dio volle mettere un re nell' universo che Egli aveva creato dal nulla. Un re che, per natura della materia, fosse il primo tra tutte le creature create con materia e dotate di materia. Un re che, per natura dello spirito, fosse poco men che divino, fuso alla Grazia come era nella sua innocente pri­ma giornata. Ma la Mente suprema, a cui sono noti tutti gli avvenimenti più lontani nei secoli, la cui vista vede incessan­temente tutto quanto era, è, e sarà; e che, mentre contempla il passato e osserva il presente, ecco che sprofonda lo sguardo nell'ultimo futuro e non ignora come sarà il morire dell'ulti­mo uomo, senza confusione né discontinuità, non ha mai igno­rato che il re da Lui creato per esser semidivino al suo fianco in Cielo, erede del Padre, giunto adulto al suo Reguo dopo aver vissuto nella casa della madre - la terra con cui fu fatto - durante la sua puerizia di pargolo dell'Eterno per la sua gior­nata sulla terra, avrebbe commesso verso se stesso il delitto di uccidersi nella Grazia e il ladrocinio di derubarsi del Cielo.

Perché allora lo ha creato? Certo molti se lo chiedono. Avre­ste preferito non essere? Non merita, anche per se stessa, pur così povera e ignuda, e fatta aspra dalla vostra cattiveria, di sser vissuta, questa giornata, per conoscere e ammirare l'in­finito Bello che la mano di Dio ha seminato nell'universo? Per chi avrebbe fatto questi astri e pianeti che scorrono co­me saette e frecce, rigando l'arco del firmamento, o vanno, e paiono lenti, vanno maestosi nella loro corsa di bolidi, rega­landovi luci e stagioni e dandovi, eterni, immutabili e pur mu­tabili sempre, una nuova pagina da leggere sull'azzurro, ogni sera, ogni mese, ogni anno, quasi volessero dirvi: "Dimenti­cate la carcere, lasciate le vostre stampe piene di cose oscure, putride, sporche, velenose, bugiarde, bestemmiatrici, corrut­trici, e elevatevi, almeno con lo sguardo, nella illimitata libertà dei firmamenti, fatevi un' anima azzurra guardando tanto se­reno, fatevi una riserva di luce da portare nella vostra carce­re buia, leggete la parola che noi scriviamo cantando il nostro coro siderale, più armonioso di quello tratto da organo di cat­tedrale, la parola che noi scriviamo splendendo, la parola che noi scriviamo amando, poiché sempre abbiamo presente Co­lui che ci dette la gioia d'essere, e lo amiamo per averci dato questo essere, questo splendere, questo scorrere, questo esser liberi e belli in mezzo a questo azzurro soave oltre il quale ve­diamo un azzurro ancor più sublime, il Paradiso, e del quale compiamo la seconda parte del precetto d'amore amando voi, prossimo nostro universale, amandovi col darvi guida e luce, calore e bellezza. Leggete la parola che noi diciamo, ed è quel­la su cui regoliamo il nostro canto, il nostro splendere, il no­stro ridere: Dio "?

Per chi avrebbe fatto quel liquido azzurro, specchio al cie­lo, via alla terra, sorriso d'acque, voce di onde, parola anch'essa che con fruscii di seta smossa, con risatelle di fanciulle sere­ne, con sospiri di vecchi che ricordano e piangono, con schiaffi di violento, e cozzi, e muggiti e boati, sempre parla e dice: "Dio "? Il mare è per voi, come lo sono il cielo e gli astri. E col mare i laghi e i fiumi, gli stagni e i ruscelli, e le sorgenti pure, che servono tutti a portarvi, a nutrirvi, a dissetarvi e mondarvi, e che vi servono, servendo il Creatore, senza uscire a sommergervi come meritate.

Per chi avrebbe fatto tutte le innumerabili famiglie degli animali, che sono fiori che volano cantando, che sono servi che corrono, che lavorano, che nutrono, che ricreano voi: i re? Per chi avrebbe fatto tutte le innumerabili famiglie delle piante, e dei fiori che paiono farfalle, che paiono gemme e im­moti uccellini, dei frutti che paiono monili o scrigni di gem­me, che son tappeto ai vostri piedi, riparo alle vostre teste, sva­go, utile, gioia alla mente, alle membra, alla vista e all'olfatto? Per chi avrebbe fatto i minerali fra le viscere del suolo e i sali disciolti in algide o bollenti sorgive, gli zolfi, gli iodi, i bromi, se non perché li godesse uno che non fosse Dio ma fi­glio di Dio? Uno: l'uomo. Alla gioia di Dio, al bisogno di Dio nulla occorreva. Egli si basta a Se stesso. Non ha che contemplarsi per bearsi, nu­trirsi, vivere e riposarsi. Tutto il creato non ha aumentato di un atomo la sua infinità in gioia, bellezza, vita, potenza. Ma tutto l'ha fatto per la creatura che ha voluto mettere re nell'o­pera da Lui fatta: l'uomo. Per vedere tant'opera di Dio e per riconoscenza alla sua po­tenza che ve la dona, merita di vivere. E di esser viventi dove­te esser grati. L'avreste dovuto anche se non foste stati reden­ti altro che alla fine dei secoli, perché, nonostante siate stati nei Primi, e lo siate tuttora singolarmente, prevaricatori, su­perbi, lussuriosi, omicidi, Dio vi concede ancora di godere del bello dell'universo, del buono dell' universo, e vi tratta come foste dei buoni, dei figli buoni a cui tutto è insegnato e conces­so per rendere loro più dolce e sana la vita. Quanto sapete, lo sapete per lume di Dio. Quanto scoprite, lo scoprite per indi­cazione di Dio. Nel Bene. Le altre coguizioni e scoperte, che portano segno di male, vengono dal Male supremo: Satana.

La Mente suprema, che nulla ignora, prima che l'uomo fosse sapeva che l'uomo sarebbe stato di se stesso ladro e omi­cida. E poiché la Bontà eterna non ha limiti nel suo esser buo­na, prima che la Colpa fosse pensò il mezzo per annullare la Colpa. Il mezzo: Io. Lo strumento per fare del mezzo uno stru­mento operante: Maria. E la Vergine fu creata nel Pensiero sublime di Dio. Tutte le cose sono state create per Me, Figlio diletto del Padre. Io-Re avrei dovuto avere sotto il mio piede di Re divino tappeti e gioielli quale nessuna reggia ne ebbe, e canti e voci, e servi e ministri intorno al mio essere quanti nessun sovrano ne ebbe, e fiori e gemme, tutto il sublime, il grandioso, il gen­tile, il minuto è possibile trarre dal Pensiero di un Dio. Ma Io dovevo esser Carne oltre che Spirito. Carne per sal­vare la carne. Carne per sublimare la carne, portandola in Cielo molti secoli avanti l'ora. Perché la carne abitata dallo spirito è il capolavoro di Dio, e per essa era stato fatto il Cielo. Per esser Carne avevo bisogno di una Madre. Per esser Dio avevo bisogno che il Padre fosse Dio. Ecco allora Dio crearsi la Sposa e dirle: "Vieni meco. Al mio fianco vedi quanto Io faccio per il Figlio nostro. Guarda e giubila, eterna Vergine, Fanciulla eterna, ed il tuo riso em­pia questo empireo e dia agli angeli la nota iniziale, al Para­diso insegni l'armonia celeste. Io ti guardo. E ti vedo quale sarai, o Donna immacolata che ora sei solo spirito: lo spirito in cui Io mi beo. Io ti guardo e dò l'azzurro del tuo sguardo al mare e al firmamento, il colore dei tuoi capelli al grano santo, il candore al giglio e il roseo alla rosa come è la tua epidermi­de di seta, copio le perle dai tuoi denti minuti, faccio le dolci fragole guardando la tua bocca, agli usignoli metto in gola le tue note e alle tortore il tuo pianto. E leggendo i tuoi futuri pensieri, udendo i palpiti del tuo cuore, Io ho il motivo di gui­da nel creare. Vieni, mia Gioia, abbiti i mondi per trastullo sinché mi sarai luce danzante nel Pensiero, i mondi per tuo riso, abbiti i serti di stelle e le collane d'astri, mettiti la luna sotto i piedi gentili, fàsciati nella sciarpa stellare di Galatea. Sono per te le stelle ed i pianeti. Vieni e godi vedendo i fiori, che saranno giuoco al tuo Bambino e guanciale al Figlio del tuo seno. Vieni e vedi creare le pecore e gli agnelli, le aquile e le colombe. Siimi presso mentre faccio le coppe dei mari e dei fiumi e alzo le montagne e le dipingo di neve e di selve, mentre semino le biade e gli alberi e le viti, e faccio l'ulivo per te, mia Pacifica, e la vite per te, mio Tralcio che porterai il Grappolo eucaristico. Scorri, vola, giubila, o mia Bella, e il mondo universo, che si crea d'ora in ora, impari ad amarmi da te, Amorosa, e si faccia più bello per il tuo riso, Madre del mio Figlio, Regina del mio Paradiso, Amore del tuo Dio ".

E ancora, vedendo l'Errore e mirando la Senza Errore: "Vieni a Me, tu che cancelli l'amarezza della disubbidienza umana, della fornicazione umana con Satana, e dell'umana ingratitu­dine. Io prenderò con te la rivincita su Satana. Dio, Padre Creatore, aveva creato l'uomo e la donna con una legge d'amore tanto perfetta che voi non ne potete più nem­meno comprendere le perfezioni. E vi smarrite nel pensare a come sarebbe venuta la specie se l'uomo non l'avesse ottenu­ta con l'inseguamento di Satana. Guardate le piante da frutto e da seme. Ottengono seme e frutto mediante fornicazione, mediante una fecondazione su cento coniugi? No. Dal fiore maschio esce il polline e, guidato da un complesso dileggi meteoriche e magnetiche, va all'ova­rio del fiore femmina. Questo si apre e lo riceve e produce. Non si sporca e lo rifiuta poi, come voi fate, per gustare il giorno dopo la stessa sensazione. Produce, e sino alla nuova stagione non si infiora, e quando s'infiora è per riprodurre. Guardate gli animali. Tutti. Avete mai visto un animale maschio ed uno femmina andare l'un verso l'altro per sterile abbraccio e lascivo commercio? No. Da vicino o da lontano, vo­lando, strisciando, balzando o correndo, essi vanno, quando è l'ora, al rito fecondativo, né vi si sottraggono fermandosi al godimento, ma vanno oltre, alle conseguenze serie e sante della prole, unico scopo che nell'uomo, semidio per l'origine di Gra­zia che Io ho resa intera, dovrebbe fare accettare l'animalità dell'atto, necessario da quando siete discesi di un grado verso l'animale. Voi non fate come le piante e gli animali. Voi avete avuto a maestro Satana, lo avete voluto a maestro e lo volete. E le opere che fate sono degne del maestro che avete voluto. Ma, se foste stati fedeli a Dio, avreste avuto la gioia dei figli, san­tamente, senza dolore, senza spossarvi in copule oscene, inde­gne, che ignorano anche le bestie, le bestie senz' anima ragio­nevole e spirituale. All'uomo e alla donna, depravati da Satana, Dio volle op­porre l'Uomo nato da Donna soprasublimata da Dio, al punto di generare senza aver conosciuto uomo: Fiore che genera Fiore senza bisogno di seme, ma per unico bacio del Sole sul calice inviolato del Giglio-Maria. La rivincita di Dio! Fischia, o Satana, il tuo livore mentre Ella nasce. Questa Pargola ti ha vinto! Prima che tu fossi il Ribelle, il Tortuoso, il Corruttore, eri già il Vinto, e Lei è la tua Vincitrice. Mille eserciti schierati nulla possono contro la tua potenza, cadono le armi degli uomini contro le tue scaglie, o Perenne, e non vi è vento che valga a disperdere il lezzo del tuo fiato.

Eppure questo calcaguo d'infante, che è tanto roseo da parere l'inter­no di una camelia rosata, che è tanto liscio e morbido che la seta è aspra al paragone, che è tanto piccino che potrebbe en­trare nel calice di un tulipano e farsi di quel raso vegetale una scarpina, ecco che ti preme senza paura, ecco che ti confina nel tuo antro. Eppure ecco che il suo vagito ti fa volgere in fuga, tu che non hai paura degli eserciti, e il suo alito purifica il mondo dal tuo fetore. Sei vinto. Il suo nome, il suo sguardo, la sua purezza sono lancia, folgore e pietrone che ti trafiggono, che ti abbattono, che ti imprigionano nella tua tana d'In­ferno, o Maledetto, che hai tolto a Dio la gioia d'esser Padre di tutti gli uomini creati! Inutilmente ormai li hai corrotti, questi che erano stati creati innocenti, portandoli a conoscere e a concepire attraverso a sinuosità di lussuria, privando Dio, nella creatura sua dilet­ta, di essere l'elargitore dei figli secondo regole che, se fossero state rispettate, avrebbero mantenuto sulla terra un equili­brio fra i sessi e le razze, atto ad evitare guerre fra popoli e sventure fra famiglie. Ubbidendo, avrebbero pur conosciuto l'amore. Anzi, solo ub­bidendo avrebbero conosciuto l'amore e l'avrebbero avuto.

Un possesso pieno e tranquillo di questa emanazione di Dio, che dal soprannaturale scende all'inferiore, perché anche la car­ne ne giubili santamente, essa che è congiunta allo spirito e creata dallo Stesso che le creò lo spirito. Ora il vostro amore, o uomini, i vostri amori, che sono? O libidine vestita da amore. O paura insanabile di perdere l'a­more del coniuge per libidine sua e di altri. Non siete mai più sicuri del possesso del cuore dello sposo o della sposa, da quando libidine è nel mondo. E tremate e piangete e divenite folli di gelosia, assassini talora per vendicare un tradimento, dispe­rati talaltra, abulici in certi casi, dementi in altri. Ecco che hai fatto, Satana, ai figli di Dio. Questi, che hai corrotti, avrebbero conosciuto la gioia di aver figli senza ave­re il dolore, la gioia d'esser nati senza paura del morire. Ma ora sei vinto in una Donna e per la Donna. D'ora innanzi chi l'amerà tornerà ad esser di Dio, superando le tue tentazioni per poter guardare la sua immacolata purezza. D'ora innanzi, non potendo concepire senza dolore, le madri avranno Lei per conforto. D'ora innanzi l'avranno le spose a guida e i morenti a madre, per cui dolce sarà il morire su quel seno che è scudo contro te, Maledetto, e contro il giudizio di Dio.

Maria, piccola voce, hai visto la nascita del Figlio della Ver­gine e la nascita al Cielo della Vergine. Hai visto perciò che ai senza colpa è sconosciuta la pena del dare alla vita e la pe­na del darsi alla morte. Ma se alla superinnocente Madre di Dio fu riserbata la perfezione dei celesti doni, a tutti, che nei Primi fossero rimasti innocenti e figli di Dio, sarebbe venuto il generare senza doglie, come era giusto per aver saputo con­giungersi e concepire senza lussuria, e il morire senza affanno. La sublime rivincita di Dio sulla vendetta di Satana è stata il portare la perfezione della creatura diletta ad una super­perfezione, che annullasse almeno in una ogni ricordo di uma­nità, suscettibile al veleno di Satana, per cui non da casto ab­braccio d'uomo ma da divino amplesso, che fa trascolorare lo spirito nell'estasi del Fuoco, sarebbe venuto il Figlio. La Verginità della Vergine!... Vieni. Medita questa verginità profonda, che dà nel con­templarla vertigini d'abisso!
Cosa è la povera verginità forza­ta della donna che nessun uomo ha sposato? Meno che nulla. Cosa la verginità di quella che volle esser vergine per esser di Dio, ma sa esserlo solo nel corpo e non nello spirito, nel quale lascia entrare tanti estranei pensieri, e carezza e accetta ca­rezze di umani pensieri? Comincia ad essere una larva di ver­ginità. Ma ben poco ancora. Cosa è la verginità di una clau­strata che vive solo di Dio? Molto. Ma sempre non è perfetta verginità rispetto a quella della Madre mia. Un coniugio vi è sempre stato, anche nel più santo. Quello di origine fra lo spirito e la Colpa. Quello che solo il Battesi­mo scioglie. Scioglie, ma, come di donna separata da morte dello sposo, non rende verginità totale quale era quella dei Primi avanti il Peccato. Una cicatrice resta e duole, facendo ricorda­re di sé, ed è sempre pronta a rifiorire in piaga, come certi morbi che periodicamente i loro virus acutizzano. Nella Vergine non vi è questo segno di disciolto coniugio con la Colpa. La sua ani­ma appare bella e intatta come quando il Padre la pensò adu­nando in Lei tutte le grazie. E' la Vergine. E' l'Unica. E' la Perfetta. E' la Completa. Pensata tale. Generata tale. Rimasta tale. Incoronata tale. Eternamente tale. E' la Vergine. E' l'abisso della intangibili­tà, della purezza, della grazia, che si perde nell'Abisso da cui è scaturito: in Dio, Intangibilità, Purezza, Grazia perfettissime. Ecco la rivincita del Dio trino ed uno. Contro alle creature profanate Egli alza questa Stella di perfezione. Contro la cu­riosità malsana, questa Schiva, paga solo di amare Dio. Con­tro la scienza del male, questa sublime Ignorante. In Lei non è solo ignoranza dell'amore avvilito; non è solo ignoranza del­l'amore che Dio aveva dato agli uomini sposi. Ma più ancora.

In Lei è l'ignoranza dei fomiti, eredità del Peccato. In Lei vi è solo la sapienza gelida e incandescente dell'Amore divino. Fuoco che corazza di ghiaccio la carne, perché sia specchio tra­sparente all'altare dove un Dio si sposa con una Vergine, e non si avvilisce, perché la sua Perfezione abbraccia Quella che, come si conviene a sposa, è di solo un punto inferiore allo Spo­so, a Lui soggetta perché Donna, ma senza macchia come Egli è».


Tratto da: L'Evangelo come mi è stato rivelato M. Valtorta Cap 5 Vol i ed: CEV

Nessun commento: