giovedì 2 settembre 2010

Brani tratti dal libro terzo de l'imitazione di Cristo


Capitolo XVII

Affidare stabilmente a Dio ogni cura di noi stessi

1. Figlio, lascia che io faccia con te quello che voglio: io so quello che ti è necessario. Tu hai pensieri umani e i tuoi sentimenti seguono spesso suggestioni umane.

Signore, è ben vero quanto dici. La tua sollecitudine per me è più grande di ogni premura che io possa avere per me stesso. In verità, chi non rimette in te tutte le sue preoccupazioni si affida proprio al caso.

Signore, purché la mia volontà sia continuamente retta e ferma in te, fai di me quello che ti piace. Giacché, qualunque cosa avrai fatto di me non può essere che per il bene. Se mi vuoi nelle tenebre, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nella luce, che tu sia ancora benedetto. Se ti degni di darmi consolazione, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nella tribolazione, che tu sia egualmente sempre benedetto.

2. Figlio, se vuoi camminare con me, questo deve essere il tuo atteggiamento. Devi essere pronto a patire, come pronto a godere; devi lietamente essere privo di tutto e povero, come sovrabbondante e ricco.

Signore, qualunque cosa vorrai che mi succeda, la sopporterò di buon grado per tuo amore. Con lo stesso animo voglio accettare dalla tua mano bene e male, dolcezza e amarezza, gioia e tristezza; e voglio renderti grazie per ogni cosa che mi accada.

Preservami tu da tutti i peccati, e non temerò né la morte né l'inferno. Purché tu non mi respinga per sempre cancellandomi dal libro della vita, qualunque tribolazione mi piombi addosso non mi farà alcun male.

Capitolo I

Cristo parla interiormente all'anima fedele

1. «Darò ascolto a quello che stia per dire dentro di me il Signore» (Sal 84,9).

Beata l'anima che ascolta il Signore che le parla dentro, e accoglie dalla sua bocca la parola di consolazione.

Beate le orecchie che colgono la preziosa e discreta voce di Dio e non tengono alcun conto dei discorsi di questo mondo.

Veramente beate le orecchie che danno retta, non alla voce che risuona dal di fuori, ma alla verità che parla e ammaestra dal di dentro.

Beati gli occhi che, chiusi alle cose esteriori, sono attenti alle interiori. Beati coloro che sanno penetrare ciò che è interiore e si preoccupano di prepararsi sempre più, con sforzo quotidiano, a comprendere le cose arcane del cielo. Beati coloro che bramano di dedicarsi a Dio, sciogliendosi da ogni impaccio temporale.

2. Comprendi tutto ciò, anima mia, e chiudi la porta dei sensi, affinché tu possa udire quello che ti dice interiormente il Signore Iddio. Questo dice il tuo diletto: «Io sono la tua salvezza» (Sal 34,3), la tua pace, la tua vita; stai accanto a me e troverai la pace; lascia tutte le cose che passano, cerca le cose eterne.

Che altro sono le cose temporali, se non illusioni? e a che gioveranno tutte le creature, se sarai abbandonata dal Creatore?

(Oh, anima mia), rinuncia perciò a tutto e fatti cara e fedele al tuo Creatore, così da poter raggiungere la vera beatitudine

Capitolo III - Preghiera per chiedere la grazia della devozione

3. Signore mio Dio, tu sei tutto il mio bene. E io, chi sono per osare di rivolgermi a te? Sono il tuo miserabile piccolo servo, un abietto vermiciattolo, molto più misero e disprezzabile di quanto io stesso non capisca e non osi confessare. Tuttavia, Signore, ricordati di me, che sono un nulla, nulla valgo e nulla ho.

Tu solo sei buono, giusto e santo; tutto puoi e ogni cosa viene da te; tutto tu colmi, soltanto il peccatore tu lasci a mani vuote.

Ricordati della tua misericordia, o Signore (Sal 24,6) e riempi il mio cuore con la tua grazia; tu, che non permetti che resti vana la tua opera.

Come potrò sopportare me stesso, in questa misera vita, se tu non mi conforterai con la tua pietà e con la tua grazia? Non distogliere da me la tua faccia, non tardare con la tua visita, non farmi mancare la tua grazia, affinché l'anima mia non divenga per te come una terra arida (Sal 142,6).

Signore, insegnami a fare la tua volontà (Sal 142,10); insegnami a stare degnamente e umilmente accanto a te. Tutto tu sai di me, poiché mi conosci nell'intimo; anzi mi conoscevi prima che il mondo esistesse, prima che io fossi nato.

Capitolo VIII

La bassa opinione di sé agli occhi di Dio

1. «Che io osi parlare al mio Signore, pure essendo polvere e cenere» (Gn 18,27).

Se avrò avuto troppo grande opinione di me, ecco tu mi starai dinanzi e le mie iniquità daranno testimonianza del vero, contro di me; né potrò controbattere. Se invece mi sarò considerato cosa da poco - riducendomi a un nulla, liberandomi da ogni reputazione di me stesso, facendomi polvere, quale sono - la tua grazia mi sarà propizia e la tua luce sarà vicina al mio cuore. Così ogni stima, anche minima, svanirà per sempre, sommersa nell'abisso della mia umiltà.

In tal modo, o Dio, tu mi mostri a me stesso: che cosa sono e che cosa fui, a che giunsi. Sono un nulla, e neppure me ne rendo conto.

Lasciato a me stesso, ecco il nulla; tutto è manchevolezza. Se, invece, d'un tratto, tu guardi a me, immediatamente divento forte e pieno di nuova gioia. Ed è cosa veramente meravigliosa questo sentirmi così improvvisamente sollevato, e così amorosamente abbracciato da te; ché, per la mia gravezza, sono portato sempre al basso. È opera, questa, del tuo amore: senza mio merito esso mi viene incontro, mi aiuta in tante mie varie necessità, mi mette al riparo da ogni grave pericolo e mi strappa da mali veramente innumerevoli.

2. Mi ero perduto, amandomi di un amore davvero non retto; invece, cercando soltanto te, e con retto amore, ho trovato, ad un tempo, e me stesso e te. Per tale amore mi sono sprofondato ancor di più nel mio nulla; perché sei tu, che, nella tua grande bontà, vai, nei mie confronti, al di là di ogni merito, e al di là di quello che io oso sperare e chiedere.

Sii benedetto, o mio Dio, perché, quantunque io non sia degno di alcun dono, la tua magnanimità e la tua infinita bontà non cessano di largire benefici anche agli ingrati, che si sono allontanati da te. Portaci di nuovo a te, affinché siamo pieni di gratitudine, di umiltà e di devozione. Tu sei infatti il nostro sostegno, la nostra forza, la nostra salvezza.

Capitolo VI

Chi ha vero amore, come ne dà prova

1. Figlio, ancora non sei forte e saggio nell'amore.

Perché, o Signore?

Perché, per una piccola contrarietà, lasci la strada intrapresa e troppo avidamente cerchi consolazione.

Chi è forte nell'amore, regge alle tentazioni e non crede alla suadente furbizia del nemico. Come gli sono caro nella prosperità, così non gli dispiaccio nelle avversità.

Chi è saggio nell'amore non guarda tanto al pregio del dono, quanto all'amore di colui che dona. Guarda più all'affetto che al prezzo, e pone tutti i doni al di sotto della persona amata.

Chi è nobile nell'amore non si appaga nel dono, ma si appaga in me, al di sopra di qualunque dono.

Se talvolta, verso di me, o verso i miei santi, hai l'animo meno ben disposto di quanto vorresti, non per questo tutto è perduto. Quell'amore che talora senti, buono e dolce, è effetto della grazia presente in te; è, per così dire, un primo assaggio della patria celeste; ma è cosa su cui non bisogna fare troppo conto, perché non è ferma e costante.

2. Segno distinto di virtù e di grande merito è questo: lottare quando si affacciano cattivi impulsi dell'animo e disprezzare le suggestioni del diavolo. Dunque non lasciarti turbare da alcun pensiero che ti venga dal di fuori, di qualsivoglia natura. Saldamente mantieni, invece, i tuoi propositi, con l'animo diretto a Dio.

Non è una vana illusione che, talvolta, tu sia d'un tratto portato fino all'estremo rapimento, per poi ritornare subito alle consuete manchevolezze spirituali; queste infatti non dipendono da te, ma le subisci contro tua voglia. Anzi, fino a che tali manchevolezze ti disgustano, e ad esse resisti, questo è cosa meritoria, non già rovinosa per l'animo.

Sappi che l'antico avversario tenta in ogni modo di ostacolare il tuo desiderio di bene, distogliendoti da qualsiasi esercizio di devozione; distogliendoti cioè dal culto dei santi, dal pio ricordo della mia passione, dall'utile pensiero dei tuoi peccati, dalla vigilanza del tuo cuore; infine, dal fermo proposito di progredire nella virtù.

L'antico avversario insinua molti pensieri perversi, per molestarti e spaventarti, per distoglierti dalla preghiera e dalle sante letture. Lo disgusta che uno umilmente si confessi; se potesse, lo farebbe disertare dalla comunione.

Non credergli, non badargli, anche se ti avrà teso sovente i lacci dell'inganno. Ascrivile a lui, quando ti insinua cose cattive e turpi. Digli: Vattene, spirito impuro; arrossisci, miserabile. Veramente immondo sei tu, che fai entrare nei miei orecchi cose simili. Allontanati da me, perfido ingannatore; non avrai alcun posto in me: presso di me starà Gesù come un combattente valoroso; e tu sarai svergognato.

Preferisco morire e patire qualsiasi pena, piuttosto che cedere a te. Taci, ammutolisci; non ti ascolterò più, per quante insidie tu mi possa tendere. «Il Signore è per me luce e salvezza; di chi avrò paura?» (Sal 26,1). «Anche se fossero eretti contro di me interi accampamenti, il mio cuore non vacillerà» (Sal 26,3). «Il Signore è il mio alleato e il mio redentore» (Sal 18,15).

3. Combatti come un soldato intrepido. E se talvolta cadi per la tua debolezza, riprendi forza maggiore, fiducioso in una mia grazia più grande, guardandoti però attentamente dalla vana compiacenza e dalla superbia: è a causa di esse che molti vengono indotti in inganno, cadendo talora in una cecità pressoché incurabile. È questa rovina degli uomini superbi, stoltamente presuntuosi, che ti deve indurre a prudenza e ad indefettibile umiltà.

Capitolo XIX

La capacità di sopportare le offese e la vera provata pazienza

1. Che è quello che vai dicendo, o figlio? Cessa il tuo lamento, tenendo presenti le sofferenze mie e quelle degli altri santi. «Non hai resistito ancora fino al sangue» (Eb 12,4).

Ciò che tu soffri è poca cosa, se ti metti a confronto con coloro che patirono tanto gravemente: così fortemente tentati, così pesantemente tribolati, e messi in vari modi a dura prova. Occorre dunque che tu rammenti le sofferenze più gravi degli altri, per imparare a sopportare le tue, così piccole. Che se ti sembrano eccessive, vedi se anche questo non dipenda dalla tua incapacità di sopportazione. Comunque, siano piccoli o grandi questi mali, fa' in modo di sopportare tutto pazientemente.

Il tuo agire sarà tanto più saggio, e tanto più grande sarà il tuo merito, quanto meglio ti sarai disposto al patire; anzi lo troverai anche più lieve, se, intimamente e praticamente, sarai pronto e sollecito.

E non dire: questo non lo posso sopportare; non devo tollerare cose simili da una tale persona, che mi fa del male assai, e mi rimprovera cose che non avevo neppure pensato; da un altro, non da lui, le tollererei di buon grado, e riterrei giusto doverle sopportare. È una stoltezza un simile ragionamento. Esso non tiene conto della virtù della pazienza, né di colui a cui spetta di premiarla; ma tiene conto piuttosto delle persone e delle offese ricevute.

Vero paziente non è colui che vuole sopportare soltanto quel che gli sarà sembrato giusto, e da chi gli sarà piaciuto. Vero paziente, invece, è colui che non guarda da quale persona egli venga messo alla prova: se dal suo superiore, oppure da un suo pari, o da un inferiore; se da un uomo buono e santo, oppure da un malvagio, o da persona che non merita nulla. Vero paziente è colui che indifferentemente - da qualunque persona, e per quante volte, gli venga qualche contrarietà - tutto accetta con animo grato dalla mano di Dio; anzi lo ritiene un vantaggio grande, poiché non c'è cosa, per quanto piccola, purché sopportata per amore di Dio, che passi senza ricompensa, presso Dio.

2. Sii dunque preparato al combattimento, se vuoi ottenere vittoria. Senza lotta non puoi giungere ad essere premiato per la tua sofferenza. Se rifiuti la sofferenza, rifiuti anche il premio; se invece desideri essere premiato, devi combattere da vero uomo e saper sopportare con pazienza. Come al riposo non si giunge se non dopo aver faticato, così alla vittoria non si giunge se non dopo aver combattuto.

Oh, Signore, che mi diventi possibile, per tua grazia, quello che mi sembra impossibile per la mia natura: tu sai che ben scarsa è la mia capacità di soffrire, e che al sorgere di una, sia pur piccola, difficoltà, mi trovo d'un colpo atterrato. Che mi diventi cara e desiderabile, in tuo nome, qualsiasi prova e qualsiasi tribolazione: soffrire ed esser tribolato per amor tuo, ecco ciò che è grandemente salutare all'anima mia.

Sito su cui trovare l'imitazione di Cristo:

http://www.santorosario.net/imitazionedicristo/index.htm

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