Gesù condotto da Anna
«Intanto la corte, il tribuno e le guardie dei Giudei presero Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna, perché era suo cero di Caifa, il sommo sacerdote di quell'anno» (Giovanni 18,12).
Verso mezzanotte Gesù fu condotto dinanzi ad Anna, che stava assiso sul seggio più alto ed era circondato da venti quattro consiglieri.
Vidi Gesù trascinato per le funi da alcuni sgherri. Il Signore fu fatto salire sul primo dei gradini sotto il seggio di Anna.
I membri del consiglio erano già pronti ad accusare Gesù per aver violato più volte l'integrità della dottrina. Anna fremeva, impaziente di vedere Gesù condannato e giustiziato.
Vidi il Signore, insanguinato e con la veste inzuppata, davanti al crudele sacerdote. Gesù aveva il capo chino.
Quel vecchio scellerato, dal volto scarno e con la barba rada, si rivolse a Gesù con tono ironico e il sorriso beffardo. Non ricordo tutte le sue parole, ma pressappoco furono queste:
«Oh! Sei proprio tu? Gesù di Nazaret, dove sono dunque i tuoi discepoli? E il tuo regno? Adesso tutto ha preso un'altra piega! Hai finito di profanare il sabato e di bestemmiare. Ho saputo perfino che hai mangiato con i tuoi l'agnello pasquale in un giorno insolito e in modo profano. Qual è dunque questa nuova dottrina religiosa che vuoi introdurre?».
Gesù rispose in tono pacato:
«Io ho insegnato pubblicamente nel tempio e nelle sinagoghe, non ho tenuto niente in segreto: non interrogare me, ma coloro che udirono quel che ho detto!».
A questo punto Anna ebbe un moto interiore di rabbia; un servo se ne accorse e, con la mano destra coperta da un guantone di ferro, colpì Gesù in pieno viso dicendogli:
«Così rispondi al sommo sacerdote, farabutto?».
Scosso dal colpo, il Signore cadde dal gradino e finì a terra, con il volto sanguinante. Allora nella sala echeggiarono mille rumori, mormorii e ingiurie. Rialzato dalle guardie, come se nulla gli fosse accaduto, Gesù disse serena mente:
«Se ho parlato a torto, devi provarmelo; ma se ho detto cosa giusta, perché mi percuoti?».
Estremamente irritato da queste parole, e più ancora per l'estrema tranquillità di Gesù, Anna passò a interrogare i testimoni.
Si levò un coro di accuse ben concertate che tendevano a presentare Gesù come un agitatore del popolo:
«Ha annunciato un nuovo regno di cui si è autoproclamato re. Ha affermato nientemeno di essere Figlio Dio. Opera guarigioni nel giorno del sabato. Impreca contro Gerusalemme. Chiama adulteri i farisei. Mangia con gli impuri e frequenta donne di cattiva fama. Davanti alla porta di Ofel, a un uomo che gli portava da bere, ha detto che gli avrebbe dato l'acqua della vita eterna per la quale non avrebbe mai più avuto sete. Confonde il popolo con parole ambigue e abbaglia gli ingenui!».
Segui centinaia di altre accuse, oltraggi e improperi. Ognuno gli andava vicino per rivolgergli le più inaudite insolenze.
Mentre Gesù, tirato a destra e a sinistra dalle funi degli aguzzini, barcollava, Anna gli si rivolse in tono beffardo:
«Sei tu il figlio del falegname di Nazaret o sei Elia venuto dal cielo sul carro di fuoco? Dicono che egli viva ancora, potresti essere tu, come lasci capire. Oppure sei Malachia, che non ebbe padre e potrebbe essere un angelo, come forse oseresti spacciarti? Hai detto perfino che sei più grande di Salomone! Su, giustificati! Ma stai tranquillo, adesso ti conferirò il titolo di regalità».
E il perfido sacerdote scrisse su una pergamena le maggiori accuse mosse a Gesù, poi l'arrotolò in un tubo che chiuse e che fissò all'estremità di una canna che fu infilata tra le mani del Signore nuovamente legate, dopo che durante il processo erano state liberate. La canna era il simbolo derisorio dello “scettro regale”. Il Signore venne con dotto da Caifa tra gli oltraggi della folla.
«Quelli che avevano preso Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, dove si erano radunati gli scribi e gli anziani» (Matteo 26,57).
La casa di Anna dista da quella di Caifa circa trecento passi. Mentre percorreva questo breve cammino, sempre spinto dalle guardie, Gesù fu deriso e malmenato da una massa di ebrei scalmanati e dai falsi testimoni usciti dal tribunale di Anna.
Le guardie che lo scortavano riuscivano a fatica a con tenere la folla piena di livore contro il Galileo.
Gesù davanti a Caifa
La via e i cortili che conducono alla casa di Caifa era no abbondantemente illuminati. Il tribunale è preceduto da un primo cortile esterno, attraverso il quale si entra in un altro interno, più grande, che circonda l'intero fabbricato.
Un vestibolo a cielo aperto con diverse colonne laterali introduce nella sala del tribunale. Su un'alta pedana a forma di ferro di cavallo ci sono i seggi dei membri del consiglio; quello del sommo sacerdote si trova al centro della pedana in posizione rialzata rispetto agli altri. L'imputato sta al centro del semicerchio circondato dalle guardie; ai due lati vi sono i testimoni. Tre porte alle spalle dei giudici danno accesso alla sala delle deliberazioni. Questa sala rotonda comunica per mezzo di alcune porte con il cortile interno, nel quale si vede l'ingresso della prigione sotterranea; successivamente alla Pentecoste, in una delle sue celle finirono Pietro e Giovanni dopo che avevano guarito lo zoppo del tempio.
Quella notte l'intero palazzo era illuminato a giorno dalle numerose fiaccole e lampade. Al centro dell'atrio principale vidi un gran fuoco ardere in un enorme braciere, ai cui lati, ad altezza d'uomo, si trovavano canne a forme di corni per assorbire il fumo. Intorno al fuoco si stringevano le guardie del tribunale, più in là vidi i falsi testimoni circondati da una folla di persone poco raccomandabili; alcune donne vendevano focacce e una bevanda rossa.
All'interno dell'edificio e tutto attorno c'era una gran de confusione, come avviene da noi l'ultima sera di carnevale. La maggior parte dei convocati sedeva vicino a Gaifa, mentre giungevano i ritardatari.
I falsi testimoni avevano già riempito l'atrio.
Vidi Caifa sul seggio rialzato al centro della pedana; adesso era circondato da tutti i settanta membri del sinedrio. Il sacerdote era un uomo dal contegno solenne, ma il volto tradiva la sua vera natura violenta e crudele. Portava un lungo mantello color porpora, adorno di fiori e frange d'oro, fermato sulle spalle e sul petto da fibbie di metallo lucente.
Giovanni riuscì a entrare dalla porta del cortile interno, mentre Pietro avrebbe trovato serie difficoltà se Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea non lo avessero fatto entrare con loro. Appena furono nell'atrio, i due apostoli restituirono ai veri messi i loro mantelli e si confusero tra la folla.
Caifa era iroso e impaziente, discese perfino dal suo alto seggio per chiedere quando sarebbe stato introdotto l'imputato, ma subito fece ritorno al suo posto, perché vide il corteo entrare nell'atrio.
Il corteo fece il suo ingresso nella sala del tribunale, coperto dal vociare e dagli insulti degli astanti contro Gesù.
Passando vicino ai due apostoli prediletti, il Signore li guardò senza volgere la testa, per non farli scoprire. Appena Gesù uscì dal colonnato e si mostrò alla presenza dei membri del consiglio, Caifa gli gridò contro:
«Sei tu, dunque, il profanatore nemico di Dio che disturbi la notte santa? ».
Poi lesse le accuse formulate dal primo tribunale e lo tempestò di domande. Gesù restò tranquillo fissando gli occhi a terra. Le guardie lo punzecchiarono con bastoni dalla punta di ferro e lo percossero gridando:
«Rispondi al sommo sacerdote! Hai perduto la lingua?».
Ma egli continuava a tacere.
Si passò alle deposizioni dei testimoni. Prima di tutti parlarono i farisei e i sadducei, i più accaniti nemici di Gesù, seguiti dagli altri. Si ripeté quasi la stessa scena che si era svolta da Anna: Gesù fu accusato di operare guarigioni e scacciare i demoni con l'aiuto del capo dei demoni, inoltre di aver violato il sabato, di non osservare i digiuni e di chiamare i farisei razza di serpenti e generazione adultera; a queste, fecero seguito altre centinaia di imputazioni. In effetti ogni suo insegnamento, parola o parabola, veniva fraintesa o contorta intenzionalmente per farne altrettanti capi d'accusa contro di lui.
L'accusa principale, che gli venne mossa da più parti, fu di magia e stregoneria. I testimoni però erano confusi e le loro testimonianze si contraddicevano. Qualcuno ebbe l'ardire di affermare che Gesù era un bastardo, ma fu subito contraddetto da altri, i quali dissero di aver conosciuto la Madre di Gesù come pia donna del tempio e il padre come uomo timorato di Dio. Alcuni lo accusarono di voler distruggere il tempio e di aver celebrato irregolarmente la Pasqua per due anni consecutivi.
Riguardo alla celebrazione della Pasqua nel cenacolo, furono interpellati Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea. I due sinedriti provarono che, secondo una legge antichissima, ai Galilei era permesso consumare l'agnello pasquale un giorno prima. Aggiunsero che la cerimonia si era svolta secondo le regole comuni e vi avevano partecipato anche impiegati del tempio. Questa testimonianza sdegnò i nemici di Gesù, e i testimoni furono afferrati dal dubbio. Molti astanti, colpiti dal paziente silenzio di Gesù, dalle crudeltà esercitate su di lui e dall'evidente farsa, si sentirono turbati nella coscienza, anche perché l'odio dei farisei si era rivelato a tutti. Dieci guardie si ritirarono con il pretesto di un malessere; più tardi, indirizzate da alcuni discepoli, si rifugiarono sull'altro versante del monte Sion, nelle caverne a sud di Gerusalemme.
Caifa, estremamente furibondo per l'andamento del pro cesso, dichiarò che la confusione delle deposizione era effetto dei sortilegi di Gesù, poi si alzò dal suo seggio esce se alcuni gradini. Avvicinatosi a Gesù, con voce quasi supplichevole, gli chiese:
«Ti scongiuro per il Dio vivente: dimmi se tu sei il Messia, il Figlio di Dio Altissimo».
Adesso nella sala il tumulto era completamente cessato.
Gesù, fortificato dal Padre celeste, rispose con il tono dignitoso della Parola eterna:
«Tu lo hai detto, io lo sono! E vi dico che presto vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo, seduto al la destra dell'Altissimo!».
Nel pronunziare queste parole, Gesù fu irradiato da un magnifico e indicibile splendore e il cielo si aprì sopra di lui; in quell'istante percepii la luce di Dio onnipotente. Vi di i giusti pregare per Gesù circondato dagli angeli. Invece sotto Caifa vidi una sfera incandescente piena di orrende figure: era l'inferno, sul quale egli stava. Quando il Signore dichiarò con voce ferma di essere il Cristo, il Figlio di Dio,l'inferno tremò e rovesciò la sua diabolica rabbia nella sala del tribunale. Vidi figure orribili uscire dalle tombe dell'altro lato di Sion: credo che fossero gli spiriti del male. Vidi altre cose tremende.
Forse anche Giovanni le vide, come mi fu rivelato.
Afferrato da un moto di collera, Caifa si strappò una par te del suo magnifico mantello e urlò:
«Lo avete udito? Egli ha bestemmiato: servono ancora i testimoni? Qual è dunque la vostra sentenza?».
Tutti i presenti gridarono più volte:
«E degno di morte!».
Constatata che la loro opera era finita, i testimoni abbandonarono il tribunale con la coscienza offuscata. I più vili e falsi si ritirarono nell'atrio e si misero attorno al fuoco per prendere il poco denaro promesso, poi si trattennero a mangiare e a bere. Ispirato dall'inferno, il sommo sacerdote consegnò Gesù alle guardie dicendo:
«Consegno questo re in vostra balìa, rendete a lui gli onori dovuti!».
Detto questo, Caifa si ritirò con i suoi consiglieri nella sala rotonda posta dietro al tribunale.
Giovanni, nel suo profondo dolore, pensava alla triste no tizia che doveva recare alla santa Vergine. Allora gettò uno sguardo d'intesa al Signore e lasciò la sala del tribunale.
Intanto Pietro, angosciato e intirizzito dal freddò, si era accostato al grande braciere presso il quale si scaldava molta gentaglia. Egli non si rendeva precisamente conto di quel che faceva, in ogni caso non voleva allontanarsi dal suo Maestro.
Gesù oltraggiato e percosso nella casa di Caifa
Non appena Caifa e i membri del consiglio lasciarono la sala del tribunale, la folla si accanì bestialmente contro Gesù, abbandonandosi a ogni eccesso di crudeltà. Solo due sgherri lo tenevano per le funi perché gli altri due erano usciti. Già durante il processo alcuni perfidi avevano strappato al Signore intere ciocche di capelli, e così pure la barba; qualche pia persona le raccolse furtivamente e le portò via, ma poco tempo dopo non le trovò più.
Vidi Gesù coperto di oltraggi, sputi e percosse di ogni sorta, schiaffi, pugni e bastonate. Gli sgherri, dopo averlo ferito con bastoni acuminati, sputandogli continuamente in faccia, gli vuotarono sulla santa testa un secchio di acqua sporca dicendogli:
«Ti rendiamo la tua unzione regale, così ti purifichiamo!».
Poi gli strapparono con violenza la veste e gli misero sul capo una corona di paglia di frumento a guisa di mitra vescovile, quindi lo rivestirono di un lurido manto che gli scendeva fino alle ginocchia. Non contenti ancora, i torturatori appesero al collo di Gesù una catena di ferro che terminava con due pesanti anelli, le cui punte gli ferivano le ginocchia quando si muoveva.
Senza mai cessare di percuoterlo con i pugni e i pesanti bastoni nodosi, gli bendarono gli occhi con uno straccio sudicio e lo percossero, dicendogli:
«Gran profeta, indovina: chi ti ha percosso?».
Vidi Gesù pregare per i suoi perversi torturatori.
Nonostante il sangue, i lividi e i tormenti, vidi il Signore aureolato di luce magnifica; la stessa non l'aveva più la sciato da quando egli si era proclamato Figlio di Dio.
Trascinato per mezzo della catena attorno al collo, Gesù fu condotto dalle guardie nella sala antistante dov'era riunito il consiglio, i cui membri, appena lo videro, cominciarono a ingiuriarlo e a deriderlo. Però le loro pesanti offese non sfioravano minimamente la gloria della sua magnifica santità. Perfino quei perfidi percepirono vaga mente la luce della grazia che splendeva sul Figlio di Dio.
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